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ANTONINO CAPONNETTO, UN POETA PREZIOSO NEL SENTIRE E NEL DECIFRARE FATTI ARCANI

Da Catania a Mantova con la consapevolezza che rende alto il suo poetare

08/06/2015, 16:01

Tempo fa ebbi a scrivere, a proposito delle poesie di Antonino Caponnetto, che erano come attraversate da un vento di primavera.
Quel vento percorre e precorre, come un ghibli nei deserti lontani, le sue opere poetiche: le quali, sorrette dallo scorrere del tempo, additano spazi e cronologie parallele.
Sono, quelle di Caponnetto, poesie che ininterrottamente dialogano con gli occhi e con lo spirito, e rimandano a inizi senza origine; moti d’anima e alfabeti che perseguono un proprio ritmo e che dicono: Seguimi.
Conosce, il poeta, le pieghe e le lacune del prisma ch’è la Vita: ne conosce i vicoli e gli anditi più scabri, gli odori e i cromatismi.
Ogni lingua, porto, volto, tetto sono, per lui, casa e fagotto: non è solo immersione, non è solo indagine (per quanto accurata, a lui propria, inedita e multiforme): è possesso intimo e profondo, è costante meraviglia, quella che rende il passo lieve e danzante, l’occhio mai saturo.
Guardare, notare, annotare, sciogliere nodi, celebrare incanti, a proprio modo e tempo ciascuno lo fa. Ma con Caponnetto ogni sensazione si muta in ritorno.
Ogni volto diventa una traccia da seguire col dito.
Ogni parvenza scavalca l’illusione e si posa tra gli occhi e la mente, pronta per essere afferrata.
Il sentimento più aspro e nobile, quello che non ha stasi nel tempo e che, attraverso il tempo e le voci, definisce e plasma il cuore, quel sentimento immotivato e sublime contrae un debito con le sue parole; arrestato in flagranza d’esplosione, rarefatto talora, talaltra più spesso e pervicace, osserva se stesso e le cose da presso, s’attorciglia come un’onda, atterra e sonnecchia; e scrutato a sua volta ci scruta.

Ci sono, nelle parole (tra le parole) malie che bevono vite e intenti, regalano momenti di estasi e promesse sconfinate; malie che diventano quiete e risveglio: e non sono più malie, ma condivisioni,  doni preziosi e disinteressati di sé, che Caponnetto depone a vista, in attesa che siano riconosciute come un qualcosa di cui non si dubita – che semplicemente c’è – che non abbisogna di prove: ché far dono dei recessi dell’anima è una scelta: non ammette errori, condizioni, scambi o compromessi: solo fiduciosa offerta, a occhi chiusi e mani piene.
Non c’è vittima, non c’è carnefice, qui: solo consapevolezza dell’ineluttabilità dei tramonti, dello scorrere degli eventi, dei mutamenti che non lasciano confini da oltrepassare, delle distanze cosmiche che dal nero vertiginoso dello spazio rendono mite e misero l’Oceano: eppure sempre consono e degno di essere cantato.

È la consapevolezza che rende alto il suo poetare, e rigoglioso e puro; antico di conoscenze che rendono tenace e potente la cosa poetica; nuovissimo per il sentire e il decifrare fatti arcani, ombre deformi, spirali di memoria, luoghi fondi, agenti che respingono interpretazioni uniformi.
Umile e ricchissimo poetare, ironico, ritmico, elegante, privo di scadimenti lirismi pindarismi pedanterie ecolalie… Ma qui la lista s’allunga, e già abbastanza tempo s’è tolto al suo dire ― che nei mutamenti del tempo stesso trova conferme e aperture via via più inedite, riformulazioni e vissuti che concorrono a fare del discorso poetico di Caponnetto un continuum sempre più prossimo al nucleo fondante del suo essere in poesia. 

Antonino Caponnetto è nato a Catania, dove ha vissuto, salvo una breve pausa romana, fino al 1980. Dal 1981 vive a Mantova.

Per l’Editore Campanotto ha pubblicato i due libri di poesie “Forme del mutamento” (1998) e “La colpa del re” (2002). Per le Edizioni Kolibris ha pubblicato la raccolta di versi “Miti per l’uomo solo” (2009). Suoi testi poetici sono stati radiotrasmessi e altri sono apparsi su rivista. Presso le Edizioni del Trito&Ritrito sono inoltre apparse (in limitato numero di copie destinate agli amici), quattro plaquettes: “A che serve?” (2001), “Le chiare strade” (2002), “Contromovenze” (2003) e “Petits cahiers pour la douleur du pauvre” (2005).

Per la rivista “Zeta News”, dal 2002 al 2006, ha curato insieme a G. Sammito l’inserto “Atti Barbari”. Sia con altri che in proprio ha inoltre promosso e curato iniziative sulla poesia e, in particolare, sulla scrittura poetica. È presente in rete dal marzo 2012 con il blog Caponnetto-Poesiaperta: http://caponnetto-poesiaperta.blogspot.it/.

Suoi testi poetici, interventi sulla poesia, un’intervista e altro, sono leggibili anche online attraverso vari link. Diversi sono i suoi contributi critici, spesso in forma di pre o postfazione, alle opere di giovani e meno giovani poeti.

Una sua silloge di poesie che vanno dal 2012 al 2015 è ormai ai ritocchi finali.  

Album


     pour M.


Beh, — ti chiedo — prendiamo un buon caffè?
Rispondi: Oui! Très noir et bien serré!
Ma poi della tua Francia vuoi sapere,
dei solari deserti a mezzodì,
e del dove e del come un forestiere
nei dopopranzi della festa va
alla ricerca vana d’un tassì.

Allora, dài, restiamo ancora un po’
sprofondati nel fumo d’un bistrot,
e io dirò per te che, sai, davvero,
come un sonno dai sogni disertato
è questo mondo, tra carogne o spie,
tra sanguinose strade a Timbuctu
o nere barche al largo di Baku.

Ma questo mondo, tra gli eterni olivi
di Cagnes-sur-Mer o i docili declivi
dei tuoi chiari mattini a Giverny,
è l’aspro immenso gusto d’un caffè
(oui, Mademoiselle, mais bien fort, s’il vous plaît),
è l’abbaglio d’un sogno, ed è l’agguato
dei tuoi soli al meriggio, a Giverny.

È quello che tu vuoi, finché sei qui.



Da “Miti per l’uomo solo”, Edizioni Kolibris, Bologna, 2009.

Alba Gnazi
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