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LE CHIAVI PER INTERPRETARE IL CAMMINO DEL SOMMO POETA

Prosegue il viaggio a cura della Società Dante Alighieri e dell'Associazione Archeosofica alla scoperta dei messaggi più spirituali e reconditi della Comedia

10/04/2015, 12:22

La rassegna su Il Mistero del Veltro Dantesco organizzata dalla Società Dante Alighieri in collaborazione con l’Associazione Archeosofica continua con la conferenza dal titolo Lectura Dantis: Inferno I-III, con Gianluca De Martino, in programma per giovedì 16 aprile, dalle ore 18.

Ormai prossimi all’attesa conferenza conclusiva, il viaggio alla scoperta del mistero del “Veltro” si soffermerà Giovedì 16 Aprile sui primi tre Canti dell’Inferno dantesco, letti da Francesco Masi, con spiegazioni e commento di Gianluca De Martino e Sara Castrini dell’Associazione Archeosofica.

Tralasciando la profezia cui è dedicato l’incontro di Maggio, l’esegesi proposta dell’inizio della Commedia dantesca intende fornire le chiavi per interpretare il significato stesso del cammino vissuto dal Sommo Vate. Cosa rappresentano le fiere che gli sbarrano la strada? Chi è colui che viene eletto al ruolo di guida? Perché i timori sulla propria personale qualifica al cimento? Perché vi è conforto per lui nel solo sostegno offerto dalla Donna Celeste “fatta da Dio”? Chi è realmente il guardiano della porta dell’Inferno? Alla luce di una tradizione a cui Dante stesso allude, tutto ciò acquista i contorni di una conoscenza metafisica non immaginata ma da lui realmente vissuta.

In tal senso non esiste un solo verso che non sia intriso della misteriosa forza realizzativa, della violenza d’amore con cui egli è riuscito nell’eroica impresa: la conquista della “veglia perenne” in seno alla “rosa mistica” unita a Dio, ossia il mantenimento della continuità di coscienza in tutti i mondi dell’Aldilà, secondo la Via aperta dalla Passione, Morte e Resurrezione di Cristo Gesù.

Il lettore che, assetato di Sapienza, come Dante vorrà farsi un autentico imitatore di Cristo, potrà sentire nel suono delle parole scelte dal poeta l’eco di un’esperienza che fin dai tempi dei più antichi collegi sacerdotali recava il nome di “morte mistica”.

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