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"A LUISA JERACE" DI AGENORE MAGNO PER IL REDENTORE DELLA SARDEGNA

30/08/2021, 10:20

Nel 2018 Graziano Siotto, ricercatore storico e scrittore di Nuoro, direttore organizzativo del Festival letterario deleddiano, ha dato alla stampe per la Nemapress Edizioni il libro “Il Redentore della Sardegna”
All'interno del volume, attraverso l'utilizzo di dialoghi diretti tra i protagonisti dell'epoca, l'autore ha ricostruito le vicende che portarono lo scultore calabrese Vincenzo Jerace a preparare il monumento a Cristo Redentore posto, per tutta la Sardegna, sul Monte Ortobene.
Il libro prefato da Francesca Jerace, pronipote dello scultore è con una nota del sindaco di Nuoro, Andrea Soddu.

 

In occasione della Festa del Redentore 2021, Graziano Siotto ha pubblicato una poesia di Agenore Magno dedicata al grande monumento di tutti i sardi.
 

“Per me è la “poesia redentoriana” più bella e commovente mai letta.
Nonché l’unica esistente che fa esplicito riferimento alla piccola “Narietta”, la figlia di Vincenzo Jerace, scultore del Redentore, deceduta prima della sua mamma, mentre il padre scolpiva l’opera e il cui volto inserì dietro al piede del Cristo, sull’Ortobene.
L’autore è il poeta Agenore Magno e si rivolge ai figli dello scultore per ricordare la loro madre, la “pia creatura” e musa ispiratrice del monumento.
Il componimento è custodito nella pubblicazione, ritrovata a Trento nell’archivio degli eredi, intitolata “A Luisa Jerace” e datata 1902.

 

MATER AMORIS
di Agenore Magno

Allor che – a voi fanciulli – con gioia da l’anima il canto
sgorgava armonioso, come da ‘l sommo vertice
la fresca polla sgorga, e del vostro garrulo riso
giocondamente l’aere d’ognintorno tinniva,
ed, a la visione del mare azzurrissimo, gli occhi
- che mai per la tristezza si erano velati:
occhi innocenti, inconscii dell’odio, del male – in un’alta
immergevate ebrezza; allora a ‘l vostro fianco
(oe serbate memoria?) una pia creatura viveva
- una eletta, una buona, un’alma creatura -,
che con mani soavi, a volte di gioia tremanti,
vi carezzava i morbidi riccioli, su la bianca
vostra fonte serena formanti una mobil corona.
(Dite: di quella pia serbate voi memoria?)
Sì come il vostro Padre, nel tempio dell’Arte del suo Sogno e del suo Lavoro, la inerte argilla plasma
e crea viva la statua – di pensiero viva e d’azione;
Ella così, nel tempio dell’amore più puro,
nella sorrisa casa del giubilo vostro infantile,
sapiente e amorosa a voi le tenerelle
anime plasmando, il bene insegnava il dovere,
e creava così degli uomini di voi.
Chi ridire potrebbe le ansie le cure lo sguardo
sempre vigile e intento a indicarvi del vero
e del buono la via? – Oh, mente chi l’uomo suppone
abietto e tristo; mente: non traete a l’inganno!
Se un vecchio di tarsia maestro (che molto patire
per opra de’ suoi simili dovette già) l’umana
vita figurò quale uno stretto fragile ponte
sospeso sopra un baratro, su ’l quale – la Fortuna
inseguendo, di oro promettitrice e potere –
cavalca a briglia sciolta rapido un cavaliero;
e questi, posseduto da l’avida brama implacata
di giungerla, calpesta di una donna il corpo
(è la madre?.. è la sposa?..), e corre sfrenato, e la Morte
- su la sua nera rozza, nel suo nero mantello, -
a ‘l vento un rosso labaro di sangue agitando, l’incalza
e gli sogghigna a ‘l fianco – lugubre visione! -;
ben diverse parole parlava la pia creatura,
che, a voi bimbi, le morbide chiome carezzava.
Ella dicea che gli uomini son nati l’un l’altro ad amarsi,
che l’un l’altro a lenirsi le pene sono nati;
diceva che nell’anima dell’uomo v’è accolta una tanto
sconfinata bontà, che Taluno potette
sacrificarsi, atroci torture soffrire e più atroci
scherni, a farlo redento, a svelargli che legge
innegabile, sola, sovrana del mondo à l’amore.
Ed Ella, con la buona e fidente parola
Inspiratrice, a ‘l Padre fe’ scorgerne il vivo fantasma;
onde la mano, in cui era transfusa la intensa
volontà di creare, ritrasse da ‘l limo il sublime
apostolo di amore, che – da l’ardente Sogno
sospinto – ancora torna fra gli uomini, a dire la grande sua parola di pace –
E nell’azzurro peplo in vano il Padre vostro tentato à celar d’una bimba il sorridente volto. (E’ un angelo? È uno spirito?)
La dolce Inspiratrice e il Padre quel viso di bimba miravano, ed il cuore piangeva e la pupilla.
Oh dell’affetto vero poemi ineffabili, oh amore,
oh anima del mondo, anima della vita!
Ed ora quella pia che voi carezzava ed amava
di un amore che vincere non può niun altro mai,
vi benedice e arride, vi vigila ancora sì come
quando – fanciulli lieti – viveva a voi d’accanto;
perché la buona, eletta, la dolce, la pia creatura,
- che nell’anime vostre spirò nobili sensi,
e che volle raggiungere la vostra sorella, eternata
presso Quegli che tante soffrì torture atroci
per insegnare a gli uomini l’amore – la pia creatura
(oh, sempre veneratela!) era la vostra Madre!

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