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NAZARIO PARDINI RITORNA ALLA POESIA CON "I DINTORNI DELLA SOLITUDINE"

27/02/2019, 18:15

Nazario  Pardini  ha  al  suo  attivo  molte  raccolte  di poesia. È un personaggio, noto, da decenni nel campo della scrittura. Sulla sua produzione hanno scritto  i più qualificati critici letterari. Alla sua poesia sono state applicate varie chiavi interpretative, dalla motivazione esistenzialistica a quella psicanalitica alla religiosa a quella naturalistica. Ad essa egli perviene in maniera quasi inconscia, o meglio, sulla scorta di un cammino empirico,  di  sofferenze  vissute  e  ben  radicate  nel quotidiano. Il suo pensiero non conosce la freddezza dell’astrazione  filosofica.  È  piuttosto  un’analisi  che scandaglia  gli  abissi  della  coscienza,  una  sorta  di speleologia dell’anima che procede per constatazioni. Un  narrare  per  sottrazione,  incarnato  in  una  lingua nuda  e  spinosa,  che  mira  allo  svuotamento  e  alla esasperazione  delle  forme  implicite  nella  realtà. Un’essenzialità ascetica  anima  il  lessico  di  Nazario Pardini, quasi retaggio atavico della sua terra di toscana come nella lirica

La solitudine del mare: “Sono solo e l’inverno  mi  percuote  /  coi  suoi  venti  freddi  e burrascosi”  o  nella  lirica E  venne  sera:  “La  luce crepitante dell’estate / invadeva la piana, delle reste / il giallo profumato d’erba stanca.” O nella lirica Vis à viscon la sorte  “Sono troppi i ricordi. / D’altro lato / non è che il vento li possa disperdere / come fossero foglie”. Sarebbe fuorviante definire Pardini mistico dell’essenza, perché si verrebbe inevitabilmente ad intaccare quella razionalità di pensiero e quella misura che caratterizzano il suo fare poesia. Eppure non gli sfugge il senso della sproporzione essenziale dell’uomo, la macerazione spirituale che deriva dalla consapevolezza di essere un frammento sospeso nel vuoto del tempo ma nello stesso tempo di rappresentare qualcosa di unico grazie al pensiero.

La natura così ritorna e riecheggia spesso sovrana e con lei i vecchi sopravvissuti di un tempo non alienato e non urbanizzato in cui  “La luce crepitante dell’estate / invadeva la piana, delle reste / il giallo profumato d’erba stanca. / Sortivano i rumori dalle scaglie / di sterpaglie corrose.” (Venne sera).   Ritorna così l’infanzia dei ricordi come nella poesia In una immensità che ti rapina: “Lasciatemi almeno le memorie / di questo sacro fiume; il verde canto / delle acque moriture; il fluire /  delle immagini fioche di stagioni / che si affidavano a un guado indagatore / di sponde misteriose”, come il microcosmo di valori che incarna, tenace nel suo perpetuarsi tra padre e figlio, metafora della speranza sempre presente nell’uomo. 

Il messaggio della poesia deve contenere i valori più intimi della vita e dell’esperienza umana. Per questo il poeta trascende con i propri versi la realtà e nella meditazione e nella densità dei concetti egli vive la propria odissea di uomo, di cronista della propria storia ma anche di quella degli altri, che vede compagni di un viaggio senza ritorno. Proprio per questo Pardini avverte nella sua libertà una simbologia che costruisce i caratteri esteriori dell’uomo, così soffocato da un dinamismo moderno  senza precedenti. 

Meditazione, recupero, densità dei concetti, abilità evocativa e psicologica del profondo sono le componenti essenziali della sua ispirazione, specchio di un’anima non inquinata, dotata com’è della capacità di comprendere e di cercare nell’uomo ciò che spesso sfugge alla maggior parte di chi affronta  una  ricerca  tesa  a  rilevare  le  problematiche  esistenziali  che  in  ogni  tempo  lo  hanno condizionato. Ed è forse qui che il poeta rispecchia la sua amarezza: avverte la sottile presenza non della morte fisica ma dell’essenza dell’intelligenza umana che si perde nell’infinito cosmico, in questo ritrova se stesso e l’amarezza di non poter creare, di non potere sentire ed esprimere quella poesia del suo stesso pensiero che lo porta a vibrare all’unisono con la totalità umana.

Se la musicalità del verso e il fluire delle immagini sono le componenti più significative, è necessario aggiungere che sulla via della chiarificazione interiore e della conquista spirituale, il poeta non è mai solo; va oltre la suggestione crepuscolare nonostante alcune liriche appaiono il riflesso amaro della meditazione sull’esistenza, soprattutto sulla morte, contro la quale alza la bandiera della stessa poesia piena di vita e amore.

E il tema del ricordo non è mai fine a se stesso ma è strumento per accedere a una sorta di dominio ancestrale della terra, in una componente solare. Il ricordo del padre e della madre diventano così indicazione di un nuovo percorso da raggiungere: “... forse non era luce, / forse non era / quella che io bramavo, / ma pur sempre la luce, quella chiara, / quella di casa mia.  / Chi dice che non fosse / quella che io cercavo.” (Verso la luce). La vera strada del ritorno, che è poi l’essenza pura del nostro vivere.

NAZARIO PARDINI, I DINTORNI DELLA SOLITUDINE, prefazione di Michele Miano,  GUIDO MIANO EDITORE, pagg. 102,   Euro 10,00 

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