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CARO STRACUZZI, LA VERA DELEDDA NON È COME LA DESCRIVI TU

Si rinnova la miopia critica sull'opera di Grazia Deledda

17/11/2015, 18:47
Grazia Deledda

Vorrei ritornare a commentare il capitolo dedicato a Grazia Deledda, per i due volumi sui premi nobel italiani editi a cura del segretariato europeo per le pubblicazioni scientifiche, con la supervisione dell’Accademia dei Lincei.

Come ho già segnalato su questa rubrica, l’estensore del capitolo è Riccardo Stracuzzi la cui biografia lascia intravvedere non certo uno specialista deleddiano ma un docente, magari anche valido, di letteratura delle scuole italiane. A parte l’errore madornale della galleria fotografica che ho già segnalato e che forse potrebbe non essere imputato all’estensore dell’articolo, vorrei adesso esprimere il mio punto di vista su come è stata presentata la nostra Premio Nobel.

Stracuzzi porta avanti una tesi a mio modo di vedere quasi oltraggiosa. Infatti secondo lui la Deledda avrebbe volutamente enfatizzato nei suoi racconti la descrizione di usi e costumi “barbari” della Sardegna natale, quasi sconosciuti al resto dell’Italia, proprio per attrarre l’attenzione sulla sua opera. Anche nelle sue lettere, alcune delle quali sono citate da Stracuzzi, sarebbero utilizzate dalla scrittrice con l’unico scopo di fare di sé un ritratto esotico e folcloristicamente attrattivo. Il giudizio finale con cui le venne assegnato il Premio Nobel effettivamente mette in evidenza anche il fatto che grazie all’opera deleddiana, una terra ancora misteriosa come la Sardegna trovava il suo svelamento.

Ma ciò non è sufficiente a sostenere che Grazia Deledda abbia narrato la Sardegna, prefiggendosi quasi cinicamente il risultato di una gloria personale. Pregherei Stracuzzi caldamente di rileggere tutta l’opera deleddiana, dove accanto ai racconti e romanzi sardi figurano capolavori ambientati anche in altre regioni dell’allora Regno d’Italia e questo anche prima del fatidico Premio Nobel.

Ancora una volta con questo articolo si rinnova la miopia critica sull’opera di Grazia Deledda, che preferisce sostare sul terreno ambiguo della antropo-sociologia letteraria piuttosto che accettare di addentrarsi su una disamina letteraria e stilistica destinata invece, guarda caso, agli altri premi Nobel per le lettere. Tutti maschi.

Neria De Giovanni

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