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GRAZIA DELEDDA, LA BRIGATA SASSARI E LA PRIMA GUERRA MONDIALE

La prima guerra mondiale spaventò la scrittrice e l’allontanò ancor più dall’Isola temendo il reale pericolo di affondamento delle navi

08/01/2015, 22:08
Grazia Deledda

Ritornata a Roma dopo aver ritirato il Premio Nobel il 10 dicembre 1927, Grazia Deledda fu invitata a Palazzo Venezia da Mussolini che alla fine dell’incontro accondiscese a liberare dal Confino un amico della scrittrice. In seguito a questo favore le fu chiesto che cosa avrebbe fatto per il Regime, Grazia Deledda rispose calma e flemmatica come molti sardi: “L’arte non conosce politica”.

Questo episodio ben racconta come la scrittrice intendesse il suo rapporto con gli avvenimenti esterni di coloritura politica anche se la Guerra mondiale non può certo definirsi un fatto politico, ma un terribile evento storico e sociale che coinvolse tutti anche la Sardegna .

Con lo scoppio della Guerra e l'entrata nel conflitto dell'Italia, fu creata la Brigata Sassari, che si distinguerà in molte operazioni, sul Carso, sull'Altopiano di Asiago e per questo fu insignita di due Medaglie d’oro al valor militare. Molte azioni della gloriosa Brigata furono rievocate dallo scrittore sardo Emilio Lussu in “Un anno sull’Altopiano”. Alla fine del conflitto nel novembre del 1918, le perdite tra i militari sardi saranno le più alte tra i contingenti italiani al fronte, il 13% circa degli arruolati, contro la media nazionale del 10%. Nonostante l’essenziale contributo dei sardi  fosse stato ufficialmente riconosciuto, nel 1918, dallo stesso presidente del Consiglio Orlando, che aveva parlato di un debito che la nazione doveva saldare con l’Isola, concretamente quel debito rimase insoluto. Il difficile reinserimento dei reduci, portò alla nascita del movimento dei reduci, nel Partito dei Combattenti per le elezioni politiche del 1919 e lo stesso anno sarà fondato il Partito Sardo d’Azione a guida di Camillo Bellieni e lo stesso Emilio Lussu.

Grazia Deledda non fu amata dai nuoresi e dai sardi in genere; per questo benchè continuasse a scrivere di Sardegna e di sardi fino alla morte, i suoi rientri nell’isola furono sempre meno frequenti.

La prima guerra mondiale spaventò la scrittrice e l’allontanò ancor più dall’Isola temendo il reale pericolo di affondamento delle navi ; mentre la parentela sembrava non perdonare alla scrittrice di essersi posta fuori dalla convenzione che voleva la donna chiusa in famiglia, a gestire una riconosciuta autorevolezza solamente all’interno delle faccende familiari.

In una lettera all’amico scrittore Marino Moretti scritta durante la Guerra si legge: “Perchè c’è la guerra? Ma se tutta la vita nostra è guerra, se forse questa guerra immensa che tutti ormai vogliamo combattere, è la conseguenza della guerra interiore che ci torce tutti – da anni e anni – guerra di coscienza, di male e di bene, di aspirazione verso una gioia che non esiste, di desiderio di grandezza, di ebbrezza, di pazzia. E poi tutto passerà, per tutto ricominciare, come fa il mare con le sue calme e le sue tempeste.”

Quindi la Deledda descrive e vive la Guerra più come un male morale, proprio dell’animo umano, e in quanto tale riproponibile. Leggo in queste parole l’atteggiamento fatalistico ed etico che soggiace a tutte la sua produzione letteraria collegata con l’ethos sardo originale.

La Grande guerra produce problemi economici anche per la scrittrice così per guadagnare qualcosa in più si intensifica la sua attività con novelle e scritti per i giornali e le Riviste letterarie.

In pieno conflitto nel 1915 esce in volume la raccolta di racconti già pubblicati su rivista, “Il fanciullo nascosto”, che porta nel titolo la novella che narra di un sequestro di persona; nel 1915 esce anche il romanzo “Marianna Sirca” che non registra alcuna eco della Guerra fuori della Sardegna dove è ambientata la vicenda. Nel 1918 pubblica il romanzo “L’incendio nell’uliveto” che mette al centro un altro grosso problema sardo, ancora purtroppo presente nell’Isola, gli incendi dolosi.
Sempre per ragioni economiche Grazia Deledda accetta di incontrare Eleonora Duse che ha scelto di recitare per il cinema in un lungometraggio tratto dal romanzo deleddiano “Cenere”. Siamo nel 1916 e il regista Febo Mari gira nelle campagne intorno a Roma una vicenda tipicamente sarda, per la paura della guerra attiva anche sui nostri mari.  


 

Neria De Giovanni
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