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IL CORAGGIO DELLA VERITA' IN UNA MOSTRA FOTOGRAFICA A MARUGGIO (TARANTO)
16/08/2025, 11:36
Sgalambro, Cioran, Ida Magli. Una società moderna tra relitti e macerie. Un processo culturale in cui ogni civiltà perde i suoi connotati identitari. Una eredità che si proietta nel tempo smarrito. Alla base di ognuno di questi filosofi c'è un modello antropologico che pone la sua attenzione sul coraggio della verità. La cui definizione e distinzione ha come riferimento Nietzsche. Oltre Zarathustra. Oltre la crisi. Oltre il fantasma del fallimento. L'antropologa serve per (a) definire la centralità dell'uomo.
Il ciò vorrebbe significare la distruzione delle certezze degli dei e la caduta del sacro. Anche se i popoli hanno ancora bisogno di pensare all'infinito e alla immortalità. Hanno bisogno di credere, se pur nella indefinibilità, alla deduzione che l'uomo può tutto.
L'illusione della modernità vive in questa dimensione senza tener conto che il tempo è presente soltanto se ingloba nella sua esistenza la Tradizione.
Tutto questo in una Mostra al Castello di Maruggio per celebrare Manlio Sgalambro a cento anni dalla nascita con Maria Grazia Destratis e Tonino Filomena per il Comitato dedicato al filosofo del Ministero della Cultura (18 e 19 Agosto, Castello dei Commendatori) che rivela il riconoscersi o perdersi in un attraversare le vite.
Sgalambro sgombra la Tradizione ma si ancora alla Memoria. Perché la Memoria è il tutto del nulla. Ovvero è la complessità delle radici nella consolazione della perdita.
Cioran è nell'utopia della storia nella quale è possibile registrare soltanto lo "squartamento" del reale. Ma il reale è effimero soprattutto quando l'uomo abbraccia la sintesi della fine.
Ida Magli è lo specchio che rompe la crosta d'acqua nella visione del mito in un irraggiungibile desiderio. Il destino è vincente in tutto. Nonostante questo restiamo lanciatore di coltelli che centrano subito l'obiettivo che è quello della distruzione.
Dove stanno i principí delle eredità?
Nella filosofia che non ha perso quelle direttrici che nascono nella grecità misteriosa. Non sublime. Ma tragica. Siamo figli di questa tragicità greca che ha inventato la teatralità. Per Ida Magli Amleto è l'immaginario che ha sofferto il precipizio e il morire. Si pensi a Ofelia. Si pensi a quel Mulino di Ofelia della Magli nel quale il passato perde il suo mito e si pietrifica in un orizzonte evanescente.
Cosa si nasconde dietro la verità possibile? Il coraggio di superare la modernità restandovi dentro e senza colpo ferire trascrivere la Tradizione che è fatta di pensiero e non di "cose". Saremo in grado di superare la barbarie del pasticcio tra l'attuale il moderno e il sempre? Soltanto se saremo in grado di non nascondere la verità di essere coscienza e di vivere l'appartenenza come un flusso appunto di co-scienza nella consapevolezza che portiamo dentro di noi millenni e millenni di popoli di civiltà di etnie. Quindi non solo di culture bensì di civiltà.
Questo vuol dire anche avere la consapevolezza dell'orrore del simile pur avendo dentro di sé la nostalgia del vero. La domanda che si pone e che questi filosofi pongono suonerebbe così: Siamo manichin o siamo esseri umani? A dare una risposta ci vuole poco nella mediocrità dell'oggi. Ad abitare il senso e l'orizzonte di una risposta ci vuole tempo.
Il fatto è che pur essendo altro giungono sempre le parole di Agostino a farci strada e non basta dire che noi siamo tempo. Perché il tempo è un inverosimile o forse l'irraggiungibile limite che non ci è dato conoscere? Quel conoscere la verità per dare consapevolezza all'essere stati.