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Assaggi n.2 Carmine Abate, "La collina del vento", Milano, Arnoldo Mondadori editore, 2012
17/06/2014, 12:09
Era un miscuglio di ginestra e sambuco in fiore, di origano e liquirizia, di cisto, menta e malva selvatica, che la brezza marina faceva roteare sulla cima della collina come un’aureola invisibile.
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Il vento non smette mai di fiatare sulla collina, sale dalle timpe, dalla fiumara o dal mare, scuote le cime degli alberi, accarezza il cucuzzolo giorno e notte, ruzzola lungo i pendii come un bambino felice, ma quando si arrabbia sono guai: vortica risucchiando ogni cosa, polvere, rametti spezzati, foglie, spine e breccia, che scaglia tutt’intorno con la furia di un vulcano impazzito.
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Era un sogno di una sola immagine, come quelle dai colori sgargianti che dipingeva Ninabella: la collina, vista dall’alto di un aquilone in volo, pareva un’isola sfarzosa, chiazzata di macchie rosso porpora e circondata a est dal mare e a ovest dall’alveo di una fiumara luccicante di pietre e d’acqua a rivoli dai riflessi rossastri.
Gli occhi di mio padre ammiravano la scena immersi nel verde lucente dell’ulivo gigante. Più che un sogno sembrava la proiezione di una diapositiva a colori, una luce inanimata sopra un muro buio, se non fosse per il profumo che liberava nell’aria. I luoghi si fanno vivi anche con i profumi, ha detto mio padre. E con il vento, naturalmente, che è la voce della loro verità.
Una collina rossa, un vento che l’accarezza e la scuote, un profumo intriso di natura e storia. La saga di una famiglia che attraversa le vicende italiane del Novecento e testimonia una granitica resistenza ai soprusi della prepotenza latifondista e mafiosa.
Una scrittura che è poesia, potente e delicata. Calda come il nostro Sud.