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TURI VASILE LO SCRITTORE E LO SCENAGGIATORE A 95 ANNI DALLA NASCITA

28/04/2017, 14:46

Lo sceneggiatore, il “soggettista”, lo scrittore. Turi Vasile scomparso nel 2009 (nato nel 1922) ha siglato il suo tracciato cinematografico e letterario intorno ad alcuni riferimenti chiave. Dalla memoria come costante recupero di un tempo vissuto e che ritorna tra distanze e abbandoni ai viaggi tra i luoghi del cinema e i luoghi della nostalgia. Tra questi luoghi nella geografia delle metafore e nelle metafore che recitano la realtà vi sono città che hanno intrecciato esistenze e vita personale.

Da Messina a Taranto attraverso i monti della Calabria. Dalla Sicilia a Roma e poi i viaggi tra l’immaginario di Cinecittà e oltre. La Magna Grecia come incontro di città e di personaggi. Luoghi dell’incontro e del dialogo. Tra questi luoghi – città c’è anche Taranto, ci sono i luoghi della Calabria. In Turi Vasile Taranto non è stato soltanto un percorso tra i luoghi della Magna Grecia, il sentire del Mediterraneo e la Sicilia. E di grecità era infarcito tra le parole e il corpo.

Messinese di nascita ma il suo senso mediterraneo è dentro tutti i suoi scritti e la presenza della nostalgia greca e del senso tragico ellenico sono anche tra l’immaginario del suo cinema. Taranto è stata la città dove ha abitato insieme al padre, un padre sottoufficiale della Marina ma Taranto è anche la città di Cesare Giulio Viola con il quale Vasile ha sempre intrattenuto un rapporto straordinario sin dai tempi di “Prico” e della sua amicizia con Vittorio De Sica. Ci sono pagine che documentano tutto ciò.

Già nel primo racconto: “Paura del vento” che dà il titolo al libro del 1987 si incontra la città di Taranto e si parla di mobili che vengono trasferiti dalla città di Taranto a quella di Capo d’Orlando, ovvero al “semaforo” di Capo d’Orlando, o meglio al faro. Si lascia Taranto per ritornare nella sua Sicilia. In “Male non fare” del 1997 nelle pagine “Il gelsomino d’Arabia” si racconta un simpatico episodio. Questa volta l’immagine narrata e impressa nella pellicola dei ricordi ci offre l’arrivo a Taranto. Ecco Vasile: “Quella volta che ci trasferimmo a Taranto, con mia meraviglia ci portarono il treno sotto casa, anche se si trattava solo di una ridotta vettura – merci montata su un carrello con ruote di gomma. Un impiegato tolse i sigilli di piombo alla porta scorrevole e aiutò mia madre a fare i controlli con l’inventario. All’improvviso la sentimmo lamentare ad alta voce: ‘Manca il gelsomino!’. Anche mio padre frugò dappertutto; ma la pianta portata in vaso dalla Sicilia non si trovò”.

Il quadretto diventa significativo quando Vasile chiudendo il breve racconto fa una splendida descrizione della città dei due mari grazie a un inciso che ci mostra la città nella sua tradizione marinara: “Annunciata fragorosamente, sbucava dalle palme del viale sottostante la banda della Regia Marina. Suonava la ritirata, seguita da un codazzo di marinai alla fine della loro libera uscita e di ragazzi saltellanti al ritmo della musica. Tutti, senza accorgersene, marciavano a tempo. Solo mio padre aveva il passo stanco. Ma vedendoci sollevò il braccio e sorrise”.

Sempre nello stesso testo e nel racconto dal titolo “I miei Lari” si apprende che il padre di Turi ha la notizia della morte del padre, del nonno di Turi, proprio quando si trova a Taranto. Si parla di nonno Turi Vasile. Con schegge di malinconia, in un raccontare dialogante tra corsivi e frammentati pensieri, in un quasi conversare con il nonno lo scrittore scrive: “… mio padre Suo Figlio, accorso troppo tardi da Taranto dov’era imbarcato, Le fece questa fotografia da morto. Ma i suoi occhi non hanno, stranamente, la fisicità sbarrata proprio dei defunti; mi pare anzi che sorridano con ironia”. Ricordi dentro la vita. Ma Turi Vasile è un maestro di affreschi che riportano sulla pagina emozioni e linguaggi tra gli scogli del tempo.

Taranto, dunque, resta dentro l’immaginario e il reale di Turi Vasile. E questo immaginario assume una valenza culturale soprattutto quando nel 1942 si formalizza il triangolo De Sica, Viola, Vasile grazie alla trasposizione in “I bambini ci guardano” del testo di Viola già citato. Vasile sostiene che la trasposizione che ne fa De Sica del romanzo di Viola costituisce una fase importante per la cinematografia italiana tanto che, sostiene, aiutato da Zavattini, ha la possibilità di spiccare il volo verso un cinema letteratura – arte.

Negli incontri culturali di Turi Vasile la presenza di Viola, come quella di De Sica, rappresenta un punto di riferimento. Con Viola si avvia ad una riflessione anche sui percorsi di un arte futurista e insieme si trovano a decifrare il superamento sia del neorealismo che del cinema documento. La macchina da presa come racconto di immagini, quelle immagini che hanno un linguaggio tra la vita e il tempo. Taranto è nel diario di Vasile. Come luogo, come memoria, come metafora di uno spazio che si chiama Cinecittà. Una Taranto nella Magna Grecia solare, greca e amante della sua Messina e dei monti della Calabria.

Pierfranco Bruni, Italianista e Responsabile Progetto Etnie del Mibact
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