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A 130 ANNI DALLA NASCITA DI PIERO JAHIER

Il poeta valdese che raccontò gli alpini nella Grande Guerra

25/07/2014, 19:27


    Ci sono scrittori che scompaiono dall’immaginario letterario ma che non si dimenticano. Non si dimenticano e ritornano proprio nel momento in cui le epoche rivivono alcune loro fratture e le civiltà hanno bisogno di memoria per incidere nel cuore del tempo. Mi riferisco questa volta a Piero Jahier. Uno scrittore antico ma è sempre, non per la sua classicità, moderno pur proiettandosi in una visione temporale ben definita. L’espressione di un mondo che ritrova la sua essenza e il suo sentimento. Una rilettura e una riproposta.
   

   Scrive Piero Jahier: “Sono nato a Genova - dove mio padre era Pastore Evangelico – l’11 aprile 1884. A Genova ho avuto i miei primi ricordi d’infanzia, fino a 5 anni. Mio padre - Pier Enrico Jahier – in italiano Giaiero – discendeva da antichissima famiglia valdese, nota come ‘la famille des Pasteurs et Capitanes Jahier’, che ha dato alle guerre di religione sulle montagne valdesi pastoni e capitani, un eroe – il Capitano Barthèlemy (1655), creatore della guerra partigiana in montagna, e un apostata – il Capitano Bernardino Jahier, di Pramol (1958). Mio padre era assai fiero di queste origini, e io non avevo dieci anni che essendo egli pastore a Susa (che è la città descritta in ‘Morte del Padre’) mi fece fantasticare a piedi in un fantastico pellegrinaggio di due notti e due giorni – gerla in spalla – il Colle dell’Assietta, discendere in Val Chisone, e poi risalire a Pramol (- prato molle – un gruppetto di casupole montanare, culla della famiglia), dove il vecchio Régent del luogo – un Jahier – mi fece lezioni di tradizioni familiari davanti ad una scodella di trifola salà (patate salate) e polenta di grano saraceno” (“Cronaca personale” in Poesie in versi e in prosa).

      Figlio di Pastore Evangelico, Piero Jahier, nella sua poesia la tradizione valdese è una ricchezza che diventa un modello di autonomia rispetto ad un confronto con le altre culture. La sua è una poesia che si intreccia con un vissuto che è ricco di immagini e di condizioni storico – esistenziali in un contesto di realtà letterarie abbastanza complesse. Jahier si porta dentro letterariamente un disordine che è dovuto al frammentismo vociano e che si evidenzia attraverso una visione di crisi culturale che ha attraversato tutto il primo Novecento.

      La tradizione è anche superamento di certi schemi. Se pur sul piano esistenziale Jahier manteneva fede a certi valori sul piano, invece, letterario rompeva alcuni schemi. La citazione riportata all’inizio è una definizione puramente letteraria, rimanda all’affermazione di quelle radici che trovano nella cultura valdese un modello di affermazione. Il padre valdese è dentro la cultura della tradizione di questo raffinato intellettuale che è stato un punto di riferimento di quella letteratura che ha espresso la malinconia di un secolo. Era nato a Genova nel 1884. E’ morto a Firenze nel 1966. fu uno dei maggiori esponenti della storica rivista “La Voce”. Le sue prime esperienze poetiche appartengono agli anni Dieci del Novecento. Appunto tra il 1912 e il 1917 risalgono le pagine di Con me e con gli alpini.
    
 

Pierfranco Bruni
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