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Ricordando la proustiana Françoise Sagan a 10 anni dalla scomparsa

Una scrittrice che aveva raccontato le passioni ma che aveva separato la sua vita privata, abbastanza inquieta, dalla letteratura.

15/07/2014, 16:58

Françoise Sagan. Una scrittrice che si era data un nome proustiano. Infatti il termine “Sagan” era stato preso in prestito dalla “Recherche” di Proust. Il suo vero nome era Françoise Quoirez. Era nata il 21 giugno del 1935 a Cajarc, nella Francia del sud – ovest. E’ morta in Normandia (in un ospedale di Honfleur il 24 settembre  2004). Una scrittrice che aveva raccontato le passioni ma che aveva separato la sua vita privata, abbastanza inquieta, dalla letteratura. Non lo nego. E’ stata una scrittrice che, in un certo periodo della mia vita, ho amato e letto con molto piacere. Un linguaggio leggero ma accattivante.
      Un prevertino modello di raccontare e recitare le passioni, le tristezze, le malinconie e il tempo. In uno dei suoi ultimi testi pubblicati in Italia si legge proprio come incipit questo inciso: "Io mi chiamo Dorothy Seymour, ho quarantacinque anni, i tratti appena toccati dal tempo, perché niente nella vita mi si è presentato seriamente".

Françoise Sagan in La guardia del cuore  (Sellerio, con Nota conclusiva di Daria Galateria). Le malinconie affiorano lungo i giorni e si lasciano trascinare nelle emozioni raccolte dalle parole. Se la letteratura non fosse l'alito di quella dimensione dell'essere - esistere non regalerebbe onde di mistero.

Buongiorno, tristezza. Suo primo romanzo che risale al 1954. Ho un ricordo di letture ricche di emozioni. Forse il mio amore per la letteratura è nato dopo una insistenza lettura dei suoi romanzi. Tanti anni fa. Mi affascinava già pronunciare quel Bonjour, tristesse. "Su questo sentimento sconosciuto la cui noia e la dolcezza mi assediano, esito a opporre il nome, il bel nome grave di tristezza…". Così si comincia.

E poi Un certo sorriso del 1955. E Tra un mese, tra un anno di due anni dopo, il cui titolo è ripreso da Recine. E prima e dopo La disfatta, Un po' di sole nell'acqua gelida. E ancora Un profilo perduto del 1974. Poi sono andato verso altri autori, altre letture, altri camminamenti.
      Consumata tra le passioni e il sogno. Non giudichiamo la sua vita spericolata e spregiudicata a volte. Non ci possono essere moralismi in uno scrittore che ha lacerato il tempo, la morte, le solitudine e si è lasciata attraversare dalle nostalgie.
Il linguaggio non è solo un fatto di comunicazione (in letteratura non lo è mai) ma costituisce una metafora della vita ma anche della perdita. Così come in Le musiche di scena del 1997. Rileggiamo, invece, questa scrittrice, rileggiamo i suoi romanzi. Rileggiamola con quel saluto di “buongiorno tristezza” che è già di per sé il viatico di una indefinibile passione – malinconia che porta al tempo perduto e ritrovato. In letteratura..
 

Pierfranco Bruni
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