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SIBILLA ALERAMO A 140 ANNI DALLA MORTE E A 110 DAL SUO ROMANZO “UNA DONNA”
21/03/2016, 14:58
“E questa bocca/che dinanzi a uno specchio passando/d’un tratto scorgo, curva rosata,/davvero, dimmi, tu vi hai rinunciato?/Veramente più non vorrai/sentirla a fiore dei tuoi occhi,/ala dolce di miele di primavera?”. La bocca, i baci, l’ebbrezza delle carezze e dei sogni. Una poesia che raccoglie le sensazioni della stretta dei corpi in una nostalgia che ricama le pause e i silenzi. Versi che si trovano nel “Frammenti” di Sibilla Aleramo. Recitano la passione. Recitano la sensualità. Si ascoltano come se fossero rughe sotto le ciglia. Come se fossero isola.
L’isola è un luogo reale ma in Sibilla Aleramo rappresenta anche una metafora. Quella metafora non della solitudine ma dell’interiorità dell’amore. Un amore che si intreccia sempre in un tempo indefinibile: “Ivi in conche d’ulivi i venti posano,/e ali chetamene radono le fronde”. Tra le parole e la sensualità c’è una epifania. La poesia, con la sua epifania e con il suo misterioso giorno incastonato nella vita, resta sempre un indefinibile sentiero graffiato dalle parole e nelle parole. Ma sono le parole che danno vita. Quelle parole che hanno il sigillo della verità che è amore.
Certo, la poesia è solitudine nel silenzio notturno o adamantino dell’ora antelucana. L’amore senza sdolcinature. No. Perché è sempre un amore raccolto nella verità: “Amore e pianto, par che la vita distruggano,/di loro invece si fan sostanza le cose immortali” sono versi di un “Frammento” del 1943.
Non so se Sibilla Aleramo è silenzio nella notte o silenzio nell’ora che annuncia l’alba. Un gioco non ad incastro. Ma un gioco, comunque, che sa di voci e di ritmi musicali. Siamo a volte al valzer e a volte al tango. Ma Sibilla Aleramo sembra danzare i passi del tango in un giravolta in cui le parole sono lame e riposo nel gioco infinito di una sospesa sensualità: “Se labbra e labbra/nel rapinoso mondo/cercare dovessi/furiosamente/e con le mie suggere/invano/senza senza più mai/l’attimo di oggi,/di voluttà,/d’eternità,/godere?/Labbra su labbra,/spasimo e miele…”.
Quella poesia che è solitudine, sensualità, come nei versi prima annotati, e grido non è una metafora ma un colpo violento assestato ai ricordi che però si dipanano lungo i giorni. E di ricordi la sua vita è piena e sono questi ricordi che cessano la vita. Ma prima di essere ricordi le immagini e il vissuto sono stati viaggi nella vita.
La poesia e la vita sono leggibili tra i fili di un erotismo sottile e pervasivo che resta intagliato nei gorghi delle giornate che si consumano con le battaglie della delizia. “Fra il mio seno/e il petto forte che amo/sta una rosa,/sola”. Non la prosa che descrive ma la poesia che travalica il movimentismo letterario per rendersi movimentismo esistenziale. Perché tutta la vita di Sibilla Aleramo è un cercare non la parola che racconta ma il linguaggio che si fa diario.
Il suo romanzo dal titolo Una donna è una di quelle testimonianze emblematiche che lasciano il segno e lacerano la coscienza. Dall’incipit del suo romanzo: “La mia fanciullezza fu libera e gagliarda. Risuscitarla nel ricordo, farla riscintillare dinanzi alla mia coscienza, è un vano sforzo”. Recuperare una vita dentro la letteratura. Ma arte e letteratura per la Aleramo restano un binomio inscindibile perché in ogni goccia di vita e in ogni goccia d’amore vi campeggia sempre una profonda mobilitazione letteraria.
I suoi amori con Cardarelli, Campana, Cena, Papini, Gobetti sono frammenti di una esistenza che trova la sua compiutezza in un dialogo forte e pressante sempre con la letteratura. Bene ha fatto a sottolineare Silvio Raffo nel suo saggio introduttivo a Tutte le poesie (Mondadori, 2004). Infatti ha così sottolineato: “ Se cerchiamo un modello letterario del ventesimo secolo in cui il binomio ‘ arte-vita’, per di più coniugato al femminile, si presenta e si mantenga inscindibile superando qualsiasi ostacolo e resistendo a qualsiasi tentazione di normalità, c’è solo un nome che soddisfa il nostro desiderio: Sibilla Aleramo”.
D’altronde questa melodia o questa fragile tragedia diventa per Sibilla Aleramo un viaggio che non è soltanto da chiamarsi amore (così come il suo amore per Dino Campana) ma da definirsi nel contesto delle grandi inquietudini che hanno campeggiato nella agonia umanamente e letterariamente belligerante del ‘900. Ma è l’eros che è passione indefinibile che travolge la sua vita e la sua poesia. Tutto scompare e tutto riappare sotto quelle forme che sono insistenti penetrazioni del linguaggio.
Certo non ci sono dubbi lei è una donna tango non valzer. Una donna attrazione fatale e come tale anche evanescente, fuggevole su un mare di onde di carta o di vento. Fuggente. Come la sua poesia o come le onde che invadono la sua poesia che si fanno tenerezza ma anche angoscia, si fanno notte ma anche alba, si fanno luna e si fanno stella. Il suo amore immenso o l’immenso amore che cercava con Cardarelli, il poeta della malinconia, o con Campana, il poeta della follia…Malinconia e follia sono dentro quel pellegrinaggio disperante ma anche giocoso che è stato la sua vita-poesia o la sua poesia-vita. Si ascolta: “ Era il tuo riso/fuggente/come il lucido raso delle acque…”.
Ecco il verseggiare di Sibilla che non deve e non può cadere nel prosastico perché se così fosse svanirebbe tutta quella ebbrezza che custodisce il mistero di una sola parola. Aveva ragione Cardarelli quando in una lettera del maggio 1915 le aveva scritto : “…pensa che tu sei esalazione assoluta e che non puoi permetterti composizioni, per così dire, strofiche. Allora cadi nel vieto e nel falso…”.
Eh si perché la rarefazione della parola trova nella esalazione il maggiore accento di quel rapporto tra arte e vita. Ciò le permette di non scivolare nella retorica perché la retorica appunto uccide la poesia. Bisogna parlare nel caso di Aleramo di bellezza inquietudine soprattutto quando si focalizza l’attenzione sulla poesia. Si ascolta: “…tu mio bene segreto, tu che mio non sei,/ tu alto sovra quanto amai,alto amore,/ e dal ungi il tuo sorriso di carità dolce/ vita e morte ugualmente mi illumina,/ colme e preziose di pianto e gloria”.
I suoi versi come i suoi amori. I suoi amori come i suoi versi. Da una lettera della Aleramo a Dino Campana : “ I nostri corpi sulle zolle dure, le spighe che frusciano sopra la fronte, mentre le stelle incupiscono il cielo” (risalente al 6-7 agosto 1916). Una donna immensa in una poesia ritagliata tra le pieghe della sua vita. Dove finisce allora il tempo della parola e dove inizia il tempo della vita? Forse la certezza del dubbio infervora i cuori e lascia tutto sospeso come quel finale del suo romanzo Una donna, che sottolinea : “O io forse non sarò più…non potrò più raccontargli la mia vita, la storia della mia anima…e dirgli che lo ho atteso per tanto tempo?/ ed è per questo che scrissi. Le mie parole lo raggiungeranno”.
Il suo romanzo esce nel 1906. Lei era nata nel 1876 ad Alessandria. È morta a Roma nel 1960. Una vita vissuta nella ricerca (o nella richiesta o nell’offerta) di un amore che lo si legge tra gli intagli del suo linguaggio. Ma tutto il suo linguaggio è permeato dalle pieghe delle passioni. non ha pudori. Una poesia senza pudori perché canta le lontananze, gli addii e l’amore. O meglio gli amori cantano la poesia. La fisicità è un incidere nell’anima e nel cuore. Anima e cuore nel cuore di una amante amata e che ha profondamente e disperatamente amato.
In una poesia dal titolo “Quando tu tornerai” si ascolta: “L’urto delle nostre carni,/quando tu tornerai,/già ne trema l’aria/qui dove in spasimo ti attendo,/l’urto delle nostre carni/dopo tanto distacco/e il terrore di mai più ritrovarsi,/…/tutta l’aria qui già ne trema,/il bacio l’abbraccio l’urto,/saremo nuovi/come al primo amplesso sulla terra,/grideremo/feriti smarriti,/anime e carni cozzanti confuse/in vertigine/anime e carni cozzanti confuse/in vertigine/di pianto e gioia/come al supremo giorno della terra”. Forse è proprio qui l’immaginario o il fantasioso epilogo di una verità sull’amore. La verità sull’amore, in Sibilla Aleramo, è la verità del tutto. Anzi è l’unica verità sul tutto.