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Per Cristina di Svezia, l'ultimo romanzo di Dario Fo, di Neria De Giovanni

I due registri narrativi di "Quasi per caso una donna"

08/06/2017, 11:51 | Attualità

Il 2017 si è aperto per la casa editrice Guanda con l’ultimo libro di Dario Fo, Quasi per caso una donna, Cristina di Svezia..
Mentre molti canali televisivi continuavano – e continuano- a trasmettere il grande affabulatore che illustra periodi e personaggi storici, incontriamo anche le parole del Premio Nobel che racconta di questa grande Regina che ha abdicato al suo regno e alla sua religione, da protestante diventando cattolica.
Leggendo il libro mi pare di vedere Dario Fo che sbraccia, ammicca e cammina lungo tutto il perimetro del palco, con la sua mimica inconfondibile.

Ma la scrittura è un’altra cosa.
Non mi ha convinto il suo modo di presentare-interpretare Cristina di Svezia o meglio ho sentito che a raccontarla è un uomo. Non c’è empatia per quanta simpatia l’autore mostri per questo suo personaggio; non c’è condivisione di sentimenti ed emozioni. L’operazione “romanzo” mi è parsa fredda e calcolata.
Andiamo con ordine.

Per raccontare di Cristina di Svezia Dario Fo utilizza due registri: uno obiettivo, di descrizione storica, in terza persona, dove l’autore è scopertamente il ricercatore delle tracce terrene di questa grande donna che da Stoccolma arrivò fino a Roma e  “La sua bara fu calata nella fossa delle Grotte Vaticane, privilegio che la Chiesa nei secoli ha concesso solo ad altre due donne”. Quali?

Ma la voce dell’autore lascia spesso il passo, a intervalli, alla voce di Cristina, e allora la vicenda storica, il rapporto con le persone, reali, cardinali, papi, si presenta direttamente in prima persona attraverso la stessa protagonista: “Lasciamo un’altra volta la parola a Cristina”: ecco che Dario Fo fa esordire così questo secondo registro dove campeggia spesso il monologo interiore attraverso cui Cristina di Svezia ci svela alcuni episodi della sua vita o ne suggella la presenza già raccontata nelle parti oggettive della voce dell’autore. Dagli intrighi di palazzo del cardinale Richelieu e Mazarino, agli amori con ambasciatori e dame di corte.

E’ il registro intimo e in prima persona che non mi convince.
Flaubert non era Madame Bovary, nonostante la sua celebre affermazione…
Per secoli la donna è stata presentata, eternata dalla cultura e dalla fascinazione maschile. Dante raccontandoci di Beatrice o Petrarca di Laura forse hanno fatto i primi “falsi” ideologici della letteratura occidentale…
La donna è stata eternata così come lo scrittore o il pittore, maschio,  pensava o desiderava ella fosse…Dario Fo,dando la voce a Cristina, ha esaltato alcuni tratti della regina che penso forse siano stati quelli che maggiormente hanno colpito l’autore e non quelli che furono peculiari di Cristina.

Cristina di Svezia che rinuncia al trono, si allontana da Stoccolma viene a Roma , si fa cattolica circondandosi di una vera e propria corte di filosofi e artisti, da Cartesio a Pascal a Moliére, è veramente quella descritta da  Dario Fo nei suoi monologhi più intimi,  in prima persona?
Mi si potrebbe obiettare che ogni scrittore è libero di interpretare la storia e i personaggi della storia a seconda della propria cultura, della propria visione del mondo. Vero.
Ma credo che ad uno scrittore-inventore pieno di genio e creatività come Dario Fo l’operazione “verosimiglianza” non sia riuscita, almeno non in questo caso.

Non si è fatta prendere, perché, come Dario Fo ci ricorda nei capitoli riusciti del libro, quelli dove parla palesemente l’autore, Cristina di Svezia è una regina ribelle e libera

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Neria De Giovanni
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