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La vita oltre il “fin di vita” per Stefania Porrino, di Neria De Giovanni
24/03/2025, 13:22 | Attualità
L’ultimo spettacolo, domenica pomeriggio, dopo quattro giorni di rappresentazione ed il teatro sempre pieno. C’è ancora speranza che testi validi, che fanno riflettere, possano non soltanto interessare il pubblico ma soprattutto produrre quel sano passa parola che riporta la fila di spettatori al botteghino.
Stefania Porrino, scrittrice, regista, già docente universitaria, presenta il suo ultimo lavoro “Quando verrà la fin di vita”, dirigendone con originalità anche la messa in scena. Senz’altro una profonda empatia produce la particolare configurazione del Teatro di documenti, nel quartiere Testaccio di Roma, con il pubblico seduto tutt’intorno, senza alcun distacco con la scena e gli attori. Così la vicenda interpretata entra direttamente anche nello spazio occupato dagli spettatori suscitandone un’ immediata partecipazione emotiva.
La grande sala/palco dove si svolge la vicenda è divisa in due anche scenicamente attraverso la collocazione sapiente di divani : da una parte due personaggi vestiti di bianco, Bea e Vir, interpretati rispettivamente da Evelina Nazzari e Rosario Tronnolone; nell’altra parte della scena Beatrice e Virgilio, in abiti nero e amaranto, interpretati da Nunzia Greco e Giulio Farnese.
I nomi dei protagonisti non sono scelti a caso in una pièce che stilla cultura : Beatrice, dopo una vita nell’editoria ed il marito Virgilio, professore in pensione, si trasferiscono in una casa in campagna vicino a Grosseto, avuta in eredità dal cugino Guido. Il dialogo tra i due ci introduce nel cuore della vicenda: i due sposi hanno paura di morire lasciando uno solo l’altro. La disquisizione se morire insieme, con un suicidio, o attendere il compimento del destino, si intreccia con il cambiamento di vita nella grande casa ereditata che potrebbe essere trasformata in un albergo o in un circolo culturale, rappresentando una svolta inaspettata della loro essenza. Su questo dialogo si innescano i discorsi di Bea e Vir, la coppia in bianco, che scrivono e leggono un quaderno con la vita dei due anziani coniugi. Ma chi sono? La voce della coscienza di entrambi, come indica il loro nome abbreviato su quello dei protagonisti, oppure gli autori spirituali ed esterni che scrivono la vita vissuta dagli umani, oppure sono angeli che stanno loro accanto vivendo in una dimensione altra ma strettamente connessa alle scelte di vita degli uomini? O ancora la personificazione di un destino superiore che attende tutti noi nel continuo farsi e disfarsi della vita terrena alla ricerca della perfezione e pienezza spirituale?
Stefania Porrino affronta un argomento molto profondo come la possibilità data ad ognuno di noi di ritornare, dopo la morte, ad unirci in un entità universale in attesa di riprendere ancora abiti umani in una continua rinascita. I greci la chiamavano metempsicosi, per noi reincarnazione.
La vicenda continua con battute tra i coniugi che ci permettono di conoscere l’antefatto : il cugino viveur che a sorpresa lascia la casa in eredità con l’avvertenza di tenere a servizio Pia, interpretata da Carla K. Carretti, una giovane donna che prima Beatrice sospetta sia stata amante di Guido poi si scopre, attraverso una lettera ritrovata in soffitta, essere la figlia naturale non riconosciuta. E proprio Pia risolverà la situazione, visto che volendo tutta l’eredità paterna, decide con il suo amante di avvelenare i due coniugi.
Questo coup de theatre finale rende possibile l’incontro spirituale, dopo la morte, di Beatrice e Virgilio con Bea e Vir che così propongono agli spettatori la certezza dell’esistenza di un’altra dimensione, parallela e interagente con quella nostra terrena. Ma se la vita di Virgilio e Beatrice sono state sempre scritte e dirette dai due autori, destino o volontà angeliche che siano, chi è e cosa farà il terzo autore che ha i fili della vita di Pia l’assassina? La pièce si chiude con un’ efficace entrée del terzo Autore, una giovanissima Silvia Montobbio che ordina perentoriamente a Pia di soccombere al senso di colpa e confessare il suo delitto.
La regia di Stefania Porrino ha curato ogni minimo particolare, dagli splendidi quadri di nudo dell’artista Malgari Onnis scoperti quando si parla della licenziosità del cugino Guido, alle musiche di Bach e di Verdi trascritte da Tancredi Rossi Porrino, che sottolineano i momenti più drammatici e quelli vagamente surrealistici, alla Jacques Tati.
Gli attori hanno confermato con la loro interpretazione la polivalenza del testo, oscillando tra realismo e surrealismo. Evelina Nazzari ha vestito i panni dell’Autrice confrontandosi efficacemente con l’Autore Rosario Tronnolone, entrambi non enfatici ma riferendo le battute in tono non retorico, naturale pur rappresentando, con i loro personaggi, proprio il soprannaturale.
In quanto ai “vivi” Beatrice e Virgilio, interpretati da Nunzia Greco e Giulio Farnese, la loro recitazione ha suscitato nel pubblico una gamma di emozioni, dalla compassione all’ilarità, poiché sono riusciti a cambiare registro in dialoghi ora descrittivi di situazioni ora introspettivi e poetici. Pia è stata interpretata con efficacia da Carla K.Carretti, fino alla scena conclusiva in cui sciogliersi i capelli lasciando la pettinatura raccolta dell’apertura, palesa perfettamente la sua vera natura di amante e assassina.
Ripensando a “Delitto e castigo” di Fëdor Dostoevskij cala il sipario, invisibile, su “Quando verrà la fin di vita” di Stefania Porrino, di cui attendiamo con ansia una nuova drammaturgia così ben riuscita.
Foto: 1. Giulio Franese e Nunzia Greco con quadro di Malgari Onnis
Foto : 2. Evelina Nazzari e Rosario Tronnolone
Foto 3: Carla K.Carretti, Giulio Farnese e Nunzi Greco