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Rileggendo Carlo Levi a sostegno di Aliano finalista a Capitale italiana della Cultura 2027, di Massimo Milza
17/02/2025, 12:35 | Attualità
Nella mia personale biblioteca pochi sono i libri che mi hanno accompagnato nei miei spostamenti di casa in casa, ma tra questi ce ne sono due che ho conservato con amorevole cura dai tempi del liceo.Il primo sono i Canti di Catullo, che ho voluttuosamente letto e
ripassato nei miei fantasticare sulle varie Lesbie che ho conosciuto ed amato, e per questo ormai giace da parecchi anni abbandonato. L'altro dal quale non mi sono mai allontanato è il romanzo di Carlo Levi, Cristo si è fermato ad Eboli, che racconta l'esperienza vissuta dallo scrittore come confinato politico in Lucania.
E' stato un viatico per la mia formazione politica e sociale, e proprio in questi giorni l'ho ripreso e riletto con la passione che mi ha procurato sin dalla prima lettura.
La trama è nota, Sotto il regime fascista, negli anni 1935-1936, Levi fu condannato al confino a causa della sua attività antifascista e dovette trascorrere un periodo in Basilicata, prima a Grassano e poi ad Aliano (che nel libro viene chiamata Gagliano imitando la pronuncia locale), dove ebbe modo di conoscere la realtà di quelle terre desolate. Oggi Aliano è sede del parco letterario Carlo Levi e candidata finalista a Capitale italiana della cultura 2027.
Lo stesso Levi scrive nella sua prefazione: "Come in un viaggio al principio del tempo, Cristo si è fermato a Eboli racconta la scoperta di una diversa civiltà. È' quella dei contadini del Mezzogiorno: fuori della Storia e della Ragione progressiva, antichissima sapienza e paziente dolore.”
In mezzo all'euforia fascista per la conquista dell'Etiopia e circondato dal dispiacere dei contadini per la sua partenza Levi riceve la liberazione dal confino con due anni di anticipo e, con la descrizione del suo triste viaggio in treno, termina il romanzo.
Tornato a Torino, sua città di origine, vede, in questa occasione, la città con occhi nuovi: guarda con distacco amici e parenti, rendendosi conto che la sua esperienza meridionale lo ha cambiato profondamente sia nei modi di fare sia interiormente.
Il titolo è spiegato nella prima pagina. Eboli è la cittadina campana dove, al tempo del confino di Levi, “la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno, Eboli e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo .., dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile esistenza.”
I contadini di questa terra non appartenevano ai comuni canoni di civiltà, ma erano inseriti in una storia diversa, con un sapore magico e pagano, una storia nella quale Cristo non è mai arrivato. Emblema ne è la città di Matera, con la vita nei suoi Sassi, all'epoca oscuri tuguri dove vivevano ammassati uomini e animali, oggi Patrimonio Unesco.
Dicono i contadini: «Noi non siamo cristiani, ... Cristo si è fermato a Eboli». “Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere ... non siamo cristiani, non siamo uomini, ma bestie, bestie da soma”.
Questo tratto della Lucania, arido e argilloso, infestato dalla malaria all’epoca, assolato e polveroso d’estate, dilavato e franoso d’inverno, è un luogo abbandonato, che sta in “un oltre” fuori della storia. Il tempo dei contadini è un «tempo immobile», non scorre:
le stagioni si ripetono una uguale all’altra immutabili, con riti antichissimi, intrisi di magia, che scandiscono la vita degli uomini in un rapporto con la natura invariato, in cui uomini, donne, animali e spiriti stanno in un unico continuum. Ogni anno è «identico al precedente, e a tutti quelli che sono venuti prima, e che verranno poi, nel loro indifferente corso disumano».
Il domani è un futuro fuori da tempo, un «crai» (dal latino cras-crai), un vocabolo ancora in uso, «quel vago crai contadino, fatto di vuota pazienza, via dalla storia e dal tempo» e «nell’uguaglianza delle ore, non c’è posto né per la memoria né per la speranza: Passato e futuro sono come due stagioni morte."
Levi mostra un mondo lontano da qualsiasi aspetto della modernità, un mondo dove le condizioni di vita erano duramente segnate dalla povertà, dall’analfabetismo e dalla malaria.
Nel corso del libro, Levi ci offre una profonda riflessione sulla condizione dell’Italia meridionale. Cristo non è mai arrivato in queste terre, lasciando le persone nella disperazione e nell’abbandono.
Attraverso i suoi occhi, vediamo le difficoltà quotidiane delle persone che abitano in questa regione, dove la terra è arida e la vita è dura. Levi descrive le pratiche di magia popolare, la mancanza di assistenza medica adeguata e l’analfabetismo diffuso tra gli abitanti.
“Cristo si è fermato ad Eboli” è più di un semplice resoconto di un’esperienza personale.
È una denuncia delle ingiustizie sociali e della discriminazione del Mezzogiorno d’Italia, che si ripertono oggi nelle tante Eboli dove si affollano migliaia di emarginati nel disperato anelito a una società più giusta e compassionevole verso gli ultimi.
Cristo non si è fermato solo a Eboli.