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La tragedia del popolo Armeno, storia e letteratura, di Massimo Milza
23/09/2023, 18:41 | Attualità
A 100 anni dal primo genocidio degli Armeni da parte della Turchia, che ne occupò vaste aree di territorio, costringendo alla morte per fame e per stenti nell'esodo a tappe forzate in territori deserti, da 1 milione a 1milione e mezzo di vecchi, donne e bambini (gli uomini, considerati tali da 12 anni in su (sic!) furono passati direttamente per le armi) continua il martirio di questo popolo, perseguitato nel silenzio generale di tutte le diplomazie, ivi comprese quelle delle democrazie occidentali.
Basti ricordare che la Turchia è membro della Nato, avamposto strategicamente importante nei confronti dei vecchi e nuovi zar del Cremlino. Non a caso sono prontamente state messe a tacere nei mesi scorsi in Svezia le manifestazioni a sostegno delle proteste di gran parte dei giovani turchi contro la progressiva, totale islamizzazione del Paese, brutalmente represse dal governo del "dittatore" Erdoğan (termine esplicito usato dal Presidente Draghi, che creò non poco imbarazzo nei reticenti ambienti occidentali).
Silenzio imposto per superare il minacciato veto turco all’ingresso di quel Paese nella Nato, dopo decenni di neutralità dichiarata.
Ma anche nel risorgente imperialismo russo, brevemente interrotto durante la primavera di Gorbaciov e ora ripreso saldamente in mano dallo zar Putin, che sogna di rifare la grande Russia tenendosi strette le repubbliche "popolari" e mussulmane, nate dalla frantumazione dell'URSS, che ne circondano i confini orientali, e si puntellano a vicenda nei confronti della "minaccia" proveniente dall''Europa liberale e democratica costruita nel dopoguerra sulle ceneri della barbarie nazista, che attrae irresistibilmente i Paesi dell'Est Europa, soggiogati per 70 anni dal regime comunista e desiderosi di mettersi al sicuro sotto l'ombrello dell'Unione Europea e della Nato.
Non saremo mai abbastanza grati, noi Italiani, posti al confine con la cortina di ferro costituita dalle repubbliche comuniste, alla ferrea volontà e determinazione con la quale Alcide De Gasperi sostenne il nostro ingresso in queste Organizzazioni, a dispetto di tutte le opposizioni, tanto di destra che di sinistra che vi si opponevano violentemente, gli uni per la paventata perdita di sovranità nazionale, gli altri per lo stabile e irreversibile inserimento del nostro Paese tra le democrazie occidentali l’irreversibile inserimento del nostro Paese tra le democrazie occidentali.
In queste ore l’Armenia, abbandonata a se stessa, circondata dalle falangi mussulmane, è a un passo dal veder concludere una storia millenaria, intrisa di cultura cristiana, (come ebbe l’ardire di ricordare agli immemori Papa Francesco, riconoscendo agli Armeni il triste primato di vittime del primo genocidio del XX secolo).
E il completamento di questa condanna biblica avviene nei giorni del 32esimo anniversario della dichiarazione di indipendenza; quella indipendenza che la Russia, protagonista a sua volta di una guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina, si era impegnata a garantire attraverso la presenza nel Nogorno Karabakh, la regione oggetto degli appetiti azeri, di una forza di peacekeeper di cui in questi anni di continue vessazioni contro la popolazione armena largamente maggioritaria in quel territorio, non si è vista presenza, favorendo la progressiva baldanza delle milizie azere, fino ad arrivare oggi all’aperta violazione degli accordi di pace, sottoscritti sotto la benedizione di quella Russia che, con l’invasione dell’Ucraina si è posta a capofila di tutte le mire espansionistiche che stanno squassando quella parte di mondo, rendendo sempre più vicino il giorno di un conflitto mondiale dalle conseguenze catastrofiche, come non si stanca di ammonirci ancora Papa Francesco, che sempre più malfermo sulle gambe, è però l ‘unica voce che si alza in difesa della pace, affidandosi anche alle capacità mediatrici del Cardinale Volante, Matteo Zuppi. Mentre il Papa non disdegna di sporcarsi le mani nella ricerca di una pace stabile, gli organismi internazionali si dimostrano paurosi e impotenti di fronte agli autocrati di turno, a partire da quella costruzione vuota e costosa che è diventata l’ONU, per non parlare della debolezza della Unione Europea, che ha perso un’altra occasione per dimostrarsi un attore politico di primo piano almeno nello scacchiere dei territori confinanti ad est, ma anche a sud delle sue frontiere dove si stanno moltiplicando gli sforzi di penetrazione politica ed economica della Cina, sotto le sembianze tranquillizzanti di Via della Seta.Non possiamo racchiudere nello spazio di queste pagine la complessità e le implicazioni che si porta dietro una vicenda apparentemente circoscritta come il conflitto tra Armenia e Azerbaigian nella disputa del territorio del Nagorno Karabakh, di cui alla maggior parte di noi sfugge persino la collocazione geografica.
A chi volesse documentarsi sugli ultimi avvenimenti in corso mentre scriviamo queste note, consiglio la lettura del bel reportage di Giorgio Comai, Conflitto Armenia- Azerbaigian e la fine del Nagorno Karabakh: una tragedia umanitaria in corso, un fallimento collettivo, pubblicato sul sito valigiablu.it.
La millenaria storia del popolo armeno e delle innumerevoli sopraffazioni subite dai popoli confinanti, per la caparbia difesa della propria identità, è raccontata con dovizia di particolari sul canale Youtube di storia
“La biblioteca di Alessandria”
Quanto ai racconti letterari sul genocidio perpetrato dai Turchi, con l’obiettivo di fiaccarne la identità cristiana e attentare alla stessa sopravvivenza del popolo armeno, è imperdibile la lettura di La Masseria delle Allodole, romanzo di Antonia Aslan, pubblicato da Rizzoli nel 2004 e seguito nel 2007 dall’omonimo film diretto dai fratelli Taviani.
Da ultimo, ma non ultimo, segnalo con orgoglio il saggio della Nemapress Edizioni, pubblicato nel 2015, a firma di Neria De Giovanni e di Pierfranco Bruni, dal titolo “Le parole per raccontare. Gli Armeni, storia, cultura, letteratura”, con la prefazione di S.E. Sargis Ghazaryan, l’allora Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, che così scriveva
“La peculiarità di questo volume è di guardare all'Armenia da due prospettive. Una più profonda, che fruga incessantemente nella storia millenaria del popolo armeno, nelle sue radici, nelle sue tradizioni. Un'altra più vicina, che guarda agli Armeni - lontani dalla terra dell'Ararat - che hanno stretto, nei secoli, un forte nesso di partecipazione e contaminazione nelle terre e con le genti di approdo.”
Pierfranco Bruni e Neria De Giovanni hanno compiuto questo viaggio senza temere le difficoltà del non conosciuto e senza accusare segni di stanchezza, riuscendo nell'intento di approfondire la conoscenza di cosa si celasse dietro i termini "armeno" e "Armenia". Il risultato è un volume denso e ricco di spunti.
Ancora più significativo perché esce a pochi giorni dal 24 aprile, quando si commemorerà il Centenario del Genocidio degli Armeni"."Da quel giorno del 1915 - conclude l'Ambasciatore - i miei antenati, la mia gente, sono diventati vittime o profughi, nel migliore dei casi. Sono stati costretti cioè a fuggire in avanti e a non guardarsi indietro.”