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Verso Pasqua, racconto di Angelo Sirca

05/04/2023, 16:55 | Attualità

Eravamo andati via dal campetto dove passavamo i pomeriggi a giocare a calcio quando il sole aveva iniziato a declinare e le fiammate di rosso si spegnevano lasciando spazio alla sera incipiente.
Tzia Costantina Ortu  venne a prendermi, mia madre si raccomandò, anche se sapeva che non ce ne fosse bisogno, di non perdermi di vista. Tzia Costantina avvolta nello scialle, come ormai non si usa più, mi portò con sé a seguire il rito de S’Iscravamentu. Chi legge i miei racconti sa che avevo un maestro alquanto timorato di Dio e  quindi seppure allora avessi  solo 6 o 7 anni  non ero completamente ignaro dei riti pasquali.
La parrocchiale di San Giovanni era piena, le luci accese. In chiesa trovammo posto a metà dei banchi, mi guardavo attorno: vedevo le anziane del mio rione in atteggiamento compunto, sapevano del dramma a cui avremmo assistito. Ero curioso di vedere. Ricordo don Gianni regista della scena che con la sua bella voce leggeva  i vari  passi. Qualcuno fra gli astanti tossiva, qualche altro non poteva fare a meno anche in quell’ occasione di spettegolare seppure sottovoce. Il Cristo era in croce, arrivarono i giudei, dei giovani paesani vestiti con fogge del tempo di Cristo, salirono la scala, e man mano che il prete leggeva si sentivano risuonare i colpi di martello sui chiodi che venivano tolti, chiodi poi mostrati ai presenti. Il pathos cresceva, le sofferenze patite dal Cristo erano le sofferenze  del mondo. Qualcuno si commuoveva, tzia Costantina mi stringeva a sé, non perché io scappassi,  forse perché pensava avessi paura o forse perché così si faceva coraggio. Non glielo chiesi mai. D’un tratto venne intonato: “Sette ispadas de dolore”, il dolore della Madre che diviene  di tutte le madri, il dolore personale che si  fa  universale. Sempre quel canto  dolente e disperato mi ha trapassato l’ anima. Cristo venne deposto nel suo letto di morte. Il silenzio regnava. Ora il Nazareno sarebbe stato trasportato a Sant’ Antonio dove avrebbe riposato fino alla domenica mattina quando   avrebbe rincontrato sua madre Maria a Su palu.  Uscimmo di chiesa, ancora c’erano persone scosse che sciamavano per i vicoli.

La notte era ormai calata. Tzia Costantina mi riportò sano e salvo a casa.  Qualche anno dopo ci andai da solo a seguire S’ iscravamentu, e anche allora le spade che trapassavano il cuore di Maria mi turbarono. Seguii il rito fino a che il Cristo venne portato a Sant’ Antonio, ricordo il tepore della sera, il venticello leggiadro del mese di aprile.

E venne Pasqua con la sua esplosione di gioia e di vita.  Allora ero più ferrato sul senso di quell’ evento, a scuola,  di Manzoni, avevamo studiato: Un estraneo giovinetto/ Si posò sul monumento (…) Alla mesta che ‘l richiese/ Diè risposta quel cortese/ E’ risorto; non è qui.  Col tempo ho capito che il vero “scandalo” della religione cristiana  è  la Resurrezione. 

ANGELO SIRCA
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