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In anteprima sul nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni: Gelo per i Bastardi di Pizzofalcone

Un noir sentimentale. Ambientato anche questa volta in una Napoli fuori ogni registro tradizionale, gelida al limite dell’inospitalità, lontano dal modello oleografico della città, paese do’ sole.

25/11/2014, 13:17 | Attualità

Bisogna stare attenti, al freddo. Perché il freddo, alla lunga, entra nelle ossa e si insinua nelle anime.
E quando si insinua nelle anime, le cambia; secca le sorgenti del sorriso, riempie col ghiaccio i vuoti che prima consentivano di passeggiare sull’orlo dei sentimenti, incantandosi davanti al panorama.
State attenti al freddo.

È tempo di un’altra indagine per i Bastardi di Pizzofalcone, il nucleo investigativo partenopeo, nato dalla fantasia di Maurizio de Giovanni, che continua e difende il suo riscatto umano e professionale sotto la guida esperta del commissario Luigi Palma e dell’ispettore Giuseppe Lojacono.

In una città flagellata da una tramontana implacabile si consuma un atroce crimine: Biagio e Grazia Varricchio, fratello e sorella, lui un brillante  biologo ricercatore, lei indossatrice per caso di una bellezza mozzafiato,  vengono assassinati nella loro abitazione in circostanze assai misteriose.
L’apparente assenza di un valido movente rende difficile l’indagine e, paradossalmente,  aumenta il numero degli indiziati. Ma bisogna stringere i tempi e risolvere presto il caso, non solo per assicurare alla giustizia i colpevoli, ma anche perché nelle alte sfere c’è chi punta alla chiusura del commissariato e non aspetta altro che un passo falso dei poliziotti impegnati a cancellare la macchia del vecchio disonore.
L’impegno sarà massimo, il risultato ottimo. Grazie alle abilità di tutti i componenti della squadra, scombiccherata all’apparenza, talentuosa nella sostanza.
Alle indagini sul duplice delitto si sovrappongono quelle per presunte molestie sessuali ai danni di Martina Parise, una ragazzina di dodici anni, indagini che riveleranno agli investigatori verità sconcertanti.
Questo l’intreccio narrativo, il plot.
Un romanzo armonioso, con i giusti colpi di scena, dalla dolcezza serrata. Lontano  dai contorni lividi del Metodo del coccodrillo, meno duro di Buio.  Un noir sentimentale. Ambientato anche questa volta in una Napoli fuori ogni registro tradizionale, gelida al limite dell’inospitalità, lontano dal modello oleografico della città, paese do’ sole.
Un gelo climatico, però, in piena armonia con il gelo delle anime, tormentate dalla solitudine, dall’ingordigia e dalla disperazione e al tempo stesso desiderose di condivisione, generosità, serenità.
Al riparo da paure e ferite.
Una città dove  ognuno è  portatore di un’invisibile croce, ognuno schiacciato da un destino senza nome, ognuno con il suo confine privato: due milioni di isole in un unico arcipelago senza ponti né traghetti.

Sempre suggestivi gli interludi, quei corsivi autentici pezzi forti della narrativa degiovanniana, che in apparenza interrompono la continuità narrativa, mentre, in realtà, ne esaltano la tensione emotiva.
L’Autore ci permette di ascoltare i pensieri più segreti dei personaggi, e queste confessioni ci sorprendono, ci straziano, ci tormentano, ma mai ci lasciano indifferenti. Mai. Perché ascoltare è più che sentire e quei sussurri disperati, sentimenti ignoti e invisibili al mondo, sono la chiave di lettura dei loro comportamenti e della loro condizione umana.
E così lo splendido capitolo della puttana nera, metafora dell’anonimato e vera apoteosi della solitudine, dà voce al padre dei due ragazzi uccisi e alla sua disperazione per gli anni trascorsi in carcere e per la distruzione della sua famiglia con un tono straziante che lascia il segno.
Un profondo senso di inadeguatezza pervade le vite di tutti i personaggi, siano essi investigatori, indiziati, o vittime: vite vissute nel timore di sbagliare, mascherando disagio e sofferenze.
Anche la casa, il luogo degli affetti, l’approdo sicuro, dell’imperfezione nota, può accogliere e soffocare a seconda di chi l’abita. Soffocante è quella di Alex che vede nel padre il suo spietato carceriere; calda, quella di Rosaria che con mani eroticamente sapienti cerca di spezzare le catene familiari della sua amata; opprimente quella di Ottavia, tormentata dalla perfezione del marito e dalla malattia del figlio; fredde quelle di Romano e Pisanelli senza la calda presenza della compagna del cuore; rinata alla vita, quella di Lojacono, grazie all’allegria giovanile di sua figlia. 
E come la casa anche la cena, che consumata insieme alla famiglia, costituisce il momento più intimo della giornata, può rappresentare la conferma della condanna all’inferno, e alla gabbia.

La paternità è l’altro protagonista del romanzo. Di chi padre non è, ma si considera padre di tutti, il commissario Palma. Di chi è padre apprensivo, che esige sincerità dalla propria figlia, ma fatica ad aprire il suo cuore, l’ispettore Lojacono. Di chi è padre rifiutato, cancellato dalla vita dei propri figli per una colpa antica, scontata tra le sbarre, ma mai estinta nella realtà, il padre dei due ragazzi uccisi.
Perché, come dice il Varricchio, la vera pena non è la libertà che ti levano, è l’uomo che ammazzano. E sono più morto io, oggi, di quel povero Cristo che ho preso a pugni tanti anni fa per una birra di troppo.

Ma è l’amore, come sempre,  il protagonista incontrastato.
Un amore sempre potente, talvolta invadente, ossessionante, immaginato, vissuto, e molto spesso non consumato.
Un amore che perseguita con fantasmi di morte, un amore che fatica a farsi strada tra desiderio e sensi di colpa, un amore che non riesce a sbocciare sebbene la voglia sia impetuosa, un amore difficile da confessare, ma che urla tutta la sua forza. 
Rimarrà ancora una volta deluso chi cercherà scene hard. A parte le bellissime le pagine dedicate all’incontro carnale di Rosaria e Alex nelle quali  il racconto si fa esplicito e forte, senza mai perdere grazia ed eleganza, il racconto della carne sensi si fermerà all’emozione dei sensi, quella tensione che prelude, e forse, costituisce la parte più bella di un rapporto amoroso.
Come lo sfioramento tra l’introverso ispettore Lojacono e l’avvenente magistrato Laura Piras:
intrigante e coinvolgente per il peso dell’opulento seno che sentiva premere contro il bicipite. Un richiamo lontano ma perfettamente udibile ai suoi sensi, al di là degli strati di stoffa di due cappotti, due giacche, un reggiseno e una camicia. Nonostante il freddo terribile, avrebbe voluto che non finisse mai.
Oppure come nell’interludio degli abbracci:
Quando si avverte la mancanza della pelle si immagina subito il sesso. Ma è nell’abbraccio che ci si perde, non credi? Quando i corpi aderiscono senza difese, senza barriere. L’abbraccio è rassicurante.
Io le ricordo tutte le volte che ci siamo rassicurati a vicenda.
Tu mi conoscevi bene, benissimo. Una cosa del genere non mi era mai capitata prima. Lo so che non sono facile da decifrare, eppure tu intuivi i miei pensieri da una semplice espressione.
È una sensazione impagabile, essere compresi. È meraviglioso sentirsi importanti, sapere che un tuo stato d’animo, una tua parola possono modificare la temperatura attorno a qualcuno.

Amori, quindi, che hanno bisogno di coraggio, e in amore, il coraggio non è scontato. Coraggio di scegliere tra desideri e quieto vivere, tra sentimenti e  denaro.
Già, il denaro, il maledetto denaro, vero cancro dei rapporti umani e familiari. Il denaro che cancella ogni remora, calpesta la propria anima e quella di chi è accanto. Il denaro che paralizza ogni scelta di passione, che condanna alla rabbia, al livore, alle catene.
Per tutta una vita, al suicidio della propria anima.

Maurizio de Giovanni, Gelo per Bastardi di Pizzofalcone, Torino, Einaudi, 2014, pp. 322. Euro 19

 

Annamaria Torroncelli
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