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ESCLUSIVO: le motivazioni dei nove finalisti al Premio Viareggio-Repaci 2014
In attesa della proclamazione dei tre super-vincitori, ecco in esclusiva per il portaleletterario.net le motivazioni delle tre Sezioni di Narrativa, Poesia e Saggistica
30/08/2014, 15:19 | AttualitàViareggio è una città incantata. Fuori stagione regala a tratti l’illusione di un luogo senza tempo. Sul lungomare i grandi alberghi in stile liberty, le cupole color verde acqua, lo chalet Martini di sapore orientale, lo storico Bagno Balena; sulla spiaggia i capanni di legno e le tende che restano aperte finchè nell’aria vi è un ultimo ricordo dell’estate. Fuori stagione è ancora quella “perla del Tirreno” che un secolo fa aveva sedotto pittori letterati e aristocratici che qui inventarono la vacanza balneare (G.Sobrino-F.R. De Angelis, Storie del Premio Viareggio, Firenze, 2008)
In questa cornice straordinaria si svolgerà sabato 30 agosto la finale dell’85ma edizione del Premio letterario “Viareggio Rèpaci” 2014.
La giuria, presieduta da Simona Costa e composta da Maria Pia Ammirati, Marino Biondi, Luciano Canfora, Pierluigi Cappello, Ennio Cavalli, Marcello Ciccuto, Franco Contorbia, Anna De Simone, Francesca Dini, Paolo Fabbri, Piero Gelli, Emma Giammattei, Sergio Givone, Giovanna Ioli, Giuseppe Leonelli, Mario Graziano Parri, Gabriele Pedullà, Giorgio Pressburger, Federico Roncoroni, Annamaria Torroncelli e Gian Mario Villata, assegnerà il Premio Giuria-Viareggio 2014 ai nove finalisti designati nelle tre sezioni nelle quali è articolato il Premio.
Fra essi saranno scelti i tre supervincitori ai quali verrà attribuito anche il Premio Viareggio-Rèpaci 2014 e che saranno proclamati nel corso della serata.
Questi i nove finalisti che riceveranno il Premio Giuria-Viareggio 2014:
Narrativa
Michele Mari, “Roderick Duddle” (Einaudi)
Antonio Pascale, “Le attenuanti sentimentali” (Einaudi)
Francesco Pecoraro, “La vita in tempo di pace” (Ponte alle Grazie)
Poesia
Alessandro Fo, “Mancanze” (Einaudi)
Paolo Ruffilli, “Variazioni sul tema” (Aragno)
Elena Salibra, “Nordiche” (Stampa 2009)
Saggistica
Gian Arturo Ferrari, “Libro” (Bollati Boringhieri)
Luciano Mecacci, “La Ghirlanda fiorentina” (Adelphi)
Massimo Raffaeli, “I fascisti di sinistra e altri scritti sulla prosa” (Aragno)
Saranno, inoltre, consegnati:
• Premio internazionale Viareggio-Versilia allo storico inglese Paul Ginsborg per il complesso dei suoi studi.
• Premio Città di Viareggio alla memoria del musicista Sergio Sandrelli, scomparso l’anno scorso per la raccolta poetica postuma Primo verso.
• Premio Rosanna Bettarini alla filologa Silvia Chessa per il complesso dei suoi studi su Petrarca
I premiati, la presidente e i giurati saranno presenti alla serata, condotta dal giornalista di Raiuno, Franco Di Mare.
Motivazioni dei vincitori
Premio Giuria Viareggio 2014
Narrativa
Michele Mari, Roderick Duddle, Torino, Einaudi, 2014
In termini di narrativa un libro come Roderick Duddle si definisce divertissèment o pastiche, a cui i fedeli di Mari sono abituati, ricordando Tutto il ferro della Torre Eiffel, dove protagonisti erano Benjamin, Bloch, la Riefenstahl; oppure Io venìa pien d'angoscia a rimirarti, con quegli ambigui doppi, Orazio Carlo e Tardegardo Giacomo. Ma io la prenderei più diretta però, e parlerei di passione, una passione totale e impudica. E' quella che ci vuole, unita a una grande cultura, a un enorme piacere, non privo di sfrontatezza, per tenere avvinto il lettore di oggi all'adolescente di ieri, a un'epoca cioè di letture sterminate e insonni, che trascorrevi tra l'oblio e il sogno, tra l'entusiasmo fanatico e la totale perdita di sé, perso dietro quei personaggi che, nel tempo, si complicavano, variavano, maturavano, ma erano sempre specula, anche se specula in aenigmitate: da Robinson a Oliver Twist, a Jim Hawkins, cui si aggiungevano più tardi magari Marcel, l'eterno Marcel o il povero Leopoldo Bloom. Roderick Duddle non è una riscrittura di un feuilleton ottocentesco, non è il gioco Cevantes-Borghes, è la testimonianza della passione e di un vizio,di uno stato d'animo che il tempo lede, occlude, indurisce se uno, come Mari, non ha la capacità di riprovocarlo,farlo rinascere. Poi lettori e critici possono anche sbizzarrirsi nel cercarvi gli innumerevoli clic agnitivi. Resta il meraviglioso rapimento di una lettura a doppio livello, presente e passato.
Piero Gelli
Antonio Pascale, Le attenuanti sentimentali, Torino, Einaudi, 2014
Montale ha scritto che la vita non sarebbe altro che uno “ scialo di triti fatti”. Ma come mai quei fatti interessano così tanto agli scrittori da vari secoli a questa parte? E’ perché sono infiniti, inesauribili, come la vocazione narrativa, per l’appunto, di Antonio Pascale e forse di ogni scrittore. E come renderli interessanti? L’hanno scoperto i narratologi: la formula che apre quei mondi ha nome “straniamento”. Grazie ad essa, si può parlare delle stesse cose senza ripetersi mai e confrontarsi con l’infinita leggerezza dell’essere. Come avviene in quest’ultimo libro di Pascale, Le attenuanti sentimentali: leggero, e quando più rifulge, quasi insostenibile, straniante fin dal titolo. Tutti straordinari i titoli di Pascale, dalla Manutenzione degli affetti a S’è fatta ora. Mi aggiungo, nell’osservarlo, ai personaggi di questo libro che fin dalla prima pagina li trovano sempre tali. E qual è l’elemento straniante di Pascale? Sarebbe un discorso un po’ più lungo di quel che mi è possibile fare qui. Prima di tutto, lo humour, il cui rovescio è una raffinatissima malinconia.
Francesco Pecoraro, La vita in tempo di pace, Ponte alle Grazie, Milano, 2014
Settant’anni di storia italiana, dal 1944 al nostro imminente futuro. Ma anche la lenta erosione della barriera corallina e la vertigine per l’architettura, la perfetta aerodinamica dei caccia inglesi durante seconda guerra mondiale e il collasso delle Torri gemelle, la presa di Bisanzio e la spietata lotta per la sopravvivenza di Charles Darwin, la forza distruttiva della globalizzazione e la nostalgia per la condizione acquatica di un homo sapiens sapiens che – pure sulla terraferma – rimane comunque anfibio.
La vita in tempo di pace è un romanzo onnicomprensivo, nel quale attorno alla biografia del protagonista Ivo Brandani ruotano storie e mondi diversissimi tra loro: un romanzo decisamente torrenziale anche nella mobilissima scrittura, verrebbe da dire, se all’acqua dolce Francesco Pecoraro non preferisse nettamente l’acqua salmastra dei mari in cui tutti i fiumi convergono. Così, in questo libro su un’Apocalisse che non è imminente soltanto perché forse si è già consumata senza che nessuno se ne rendesse conto, sembrano compendiarsi tutte assieme le molteplici forme della narrativa moderna: romanzo di formazione mancato e romanzo storico, confessione e invettiva, romanzo-saggio e distopia. Indietro e ancora indietro nel tempo, dal prossimo futuro a un’Italia semidistrutta dalla guerra: dove Pecoraro abbandona infine il lettore sulla soglia della Grande Matrice da cui tutte le storie, e soprattutto questa, traggono la loro origine
Gabriele Pedullà
Poesia
Alessandro Fo, Mancanze, Torino, Einaudi, 2014
Eccentrico e però rivolto, da lontano, a un centro (allontandosi forse per meglio mirarlo), il meditare poetico di Alessandro Fo è cresciuto fedele a se stesso fino a maturare questo libro complesso e allo stesso tempo immediato.
È vero che le fondamenta culturali e “tecniche” di cui l'autore dispone sono pari al segreto intreccio architettonico - una dottissima nota in fondo al libro fa buona guida - in cui presenze a assenze, dichiarato e taciuto, uniscono in continuo movimento, dal basso all'alto e viceversa, la parola. Ma è anche vero che la riconoscibile padronanza dei mezzi espressivi è permeabile all'inatteso, all'umore stillante della vita e del pensiero, che dissemina un soprendente umorismo su temi e fatti pieni di gravità di domande e di attese.
Dominante è in questi versi l'atto dell'attenzione, che in una lettera del '42 Simone Weil dice essere “la forma più rara e più pura di generosità”. Un'attenzione che non si accontenta, in questo caso, delle coordinate di spazio e tempo concesse allo sguardo, ma si protende verso altre dimensioni, oltre i limiti dei sensi, rimarcando il tragitto della tensione a un aldilà del visibile come vero e necessario, e però sottraendosi - più sorpresa che delusa - alla dichiarazione di una raggiunta condizione di conoscenza. Perché si può parlare della vita, della realtà, soltanto ritracciando una geografia di Mancanze, come dice il titolo dell'opera, di quel “qualcosa di più” che si dovrebbe ma non si riesce a dire, non perché alla vita e alla realtà manchi qualcosa, ma perché sono così grandi che non si potranno mai dire intere con una sola voce.
Gian Mario Villalta
Paolo Ruffilli, Variazioni sul tema, Aragno
Sotto il titolo apparentemente dimesso di Variazioni sul tema (Aragno editore), Paolo Ruffilli lega alle spire del suo filo rosso le poesie di una vita. La vita in sé - sfocature e innesti - è il tema che impone variazioni: costanti variazioni, se così si può dire. Per sbocco, quella terra di nessuno dove il martellare delle domande si attenua, si adegua, si smorza in contemplazione. "Il tempo", "l'attesa dell'evento", "l'oggetto del pensiero", "la memoria", "la gioia e il lutto" (altrettante pagine del libro) indicano un cambio di orizzonte. In quella direzione Ruffilli indirizza passo e cadenza. Lo stile scabro e guardingo, affidato a un costrutto di rime e assonanze quasi ossessivo, quasi sciamanico. Sintesi e catarsi, Camera oscura (uno dei titoli qui raccolti) e visionarietà, occultamento e confessione si fondono in un progetto esteso e insieme circuitante. Appartenenza e fuga, potrebbe essere la strenua parola d'ordine.
Ennio Cavalli
Elena Salibra, Nordiche, Azzate (Varese), Stampa 2009, 2014
La Giuria, nel rilevare il particolare talento di Elena Salibra nell’orchestrare la materia verbale con naturale e diamantina eleganza, ha riconosciuto nella raccolta Nordiche una distillata unità, nella quale il critico accademico e il poeta si stringono nello stesso bagaglio di competenze, per affrontare il viaggio nell’eterno presente della scrittura. Il tempo e la geografia del mondo, la casa natale e il cammino verso la Terra Promessa si fissano così in un unico punto, per restituire anche all'attimo oscuro di un tenace “principio speranza” la grazia dell’assoluto. È una costruzione sapiente a governare la raccolta, che mette in gioco lo stile del contrasto e gli ossimori di un inedito specchio dell’avvenire, forgiato per una realtà che non si vede e non possiede nome. Per questo l’itinerario che Elena Salibra compie attraverso lo spazio dipinto della geografia personale è anche una ricerca che, in punta di pennello possa disegnare il profilo dell’invisibile, tracciando la mappa dei luoghi in cui affondano radici, germogli di rime e ritmi incastonati in parole esatte e pungenti, come stiletti che affondano al centro della carne per coglierne l’essenza. Sono parole che si affrontano in una pluralità di confini, avvolte da una trina di ricordi, di segni già incisi sui libri, immortali come può esserlo solo una poesia sapiente, che muta forma come il fiume dei papiri del suo paese d’origine, che scompare per riapparire limpido come una gemma animata da riverberi, tra la terra e il mare.
Giovanna Ioli
Saggistica
Gian Arturo Ferrari, Libro, Torino, Bollati Boringhieri, 2014
L’opera di Gian Arturo Ferrari, un uomo dalla robusta formazione classica che ai libri e all’editoria ha dedicato la sua vita con passione e perizia, è un prezioso strumento di conoscenza, versatile nell’utilizzo, piacevole nella lettura, importante per gli addetti ai lavori, e per coloro che poco sanno sull’universo libro. Un libro che ha tante voci e parla tante lingue, sollecita riflessioni, rassicura con informazioni certe, fa suoi i nostri dubbi, e descrive scenari futuri.
Un libellum dotto e piacevolissimo, che ci porta a spasso nei vicoli della storia attraverso un percorso che, partendo dal manoscritto, passa per il libro stampato fino ad arrivare al libro elettronico dei giorni nostri, dedicando attenzione a tutto quanto gira intorno al libro ovvero autori, editori e pubblico.
Raccontare di libri per conoscere i libri, per amarli. E comprendere la profonda trasformazione che stanno vivendo e che non si ancora se li porterà alla resurrezione o a una sorta di imbalsamazione.
Ma è bene pensare a quel che sta accadendo e che potrà accadere. Quel che a noi tocca fare è quel che il libro ha sempre fatto. Riflettere, indagare, cercare di capire, di comprendere.
Perché il libro, principale strumento della comunicazione tra gli uomini e della memoria del loro sapere alle generazioni future, è oggetto e al tempo stesso concetto.
Il desiderio di lasciare traccia visibile dei propri pensieri ha da sempre accompagnato l’uomo nella sua esistenza: sono libri i graffiti sui muri delle grotte dei nostri antenati primitivi, sono libri le tavolette di argilla della biblioteca reale di Ninive, sono libri i rotoli di papiro carbonizzati nelle ville di Ercolano e Pompei, sono libri i preziosi manoscritti in pergamena creati negli scriptoria monastici, sono libri gli austeri incunaboli. E sono libri quelli che teniamo in mano solo perché ci piace o ci attira, per infiniti motivi, l’idea di leggerli.
Perché, per dirla con le parole dello stesso Autore, il libro è uno scambio del meglio che abbiamo e che riceviamo. Il libro è un dono.
Annamaria Torroncelli
Luciano Mecacci, La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Milano, Adelphi, 2014.
Il volume di Luciano Mecacci, La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile (Adelphi, 2014), è un ampio, scrupoloso e documentatissimo affresco di un periodo della nostra storia, e del delitto Gentile in particolare. È intorno a quel fatto, assassinio o atto di guerra, avvenuto il 14 aprile 1944 dentro l’auto che portava il filosofo dalla sede dell’Accademia d’Italia nella sua casa fiorentina, Villa Montalto al Salviatino, che l’autore mobilita una imponente mole di dati, vecchi e nuovi, libri, saggi, lettere, interviste radiofoniche e giornalistiche, confidenze personali, fonti d’archivio, e anche gli echi di una oralità diffusa e incontrollata, che egli s’incarica di verificare sempre leggendo e rileggendo con spirito di sistema l’intera bibliografia specialistica, storica e memorialistica, per ricostruire con modalità capillari, riversate in note che si leggono come un testo aggiunto, non solo quell’evento politico-delittuoso dall’altissima valenza storica, ma un segmento della storia italiana e della storia e cronaca fiorentina negli anni dell’agonia del regime. Non vi è dubbio che una delle qualità del libro sta non solo nell’efficienza dell’analisi storica ma nella rappresentazione del cuore nero della città e dei suoi segreti. E nella maestria con cui l’autore restaura quella atmosfera di basso impero. L’immagine di Firenze, delle sue lacerazioni, degli insanabili odi politici che la dilaniano, delle ambiguità di posizione e di ruolo, il ritratto di un fascismo morente e tanto più crudele, la foto di gruppo nell’interno urbano degli intellettuali, fascisti e antifascisti, questi ultimi non privi di profondi legami almeno affettivi e di grata consorteria accademica con la vittima, offrono uno scenario d’inconsueta drammaticità. Luci e ombre dell’Italia fascista al suo crepuscolo, ma anche dell’Italia della cultura, che sarebbe stata egemone nel dopoguerra, sulla soglia sottile tra fascismo e antifascismo, ortodossia ed eresia politica, perdizione e rinascita. Amici, nemici, soprattutto colleghi, risentimenti, invidie, viltà, segreti, tutta l’incandescente materia concentrata in una città che poco o nulla lascia trasparire di limpido e autentico. Dove pure continua a distanza di decenni a essere assai arduo scavare per conseguire un risultato certo di verità. Il metodo dello storico, docente di Psicologia generale nell’Università di Firenze, consiste in un procedimento tanto sistematico quanto lineare di biografie intrecciate l’una all’altra, di protagonisti e comprimari, politici, intellettuali, accademici, partigiani combattenti, tedeschi invasori, agenti segreti, aguzzini e criminali, esecutori dell’azione e mandanti ipotizzati e ipotizzabili, italiani o stranieri (inglesi e americani), al centro o ai margini di una vicenda di cui, nonostante alcune difficilmente smentibili acquisizioni storiografiche, si ritiene di conoscere solo una parte. In cosa consiste il significato del titolo e che cos’è la Ghirlanda fiorentina? Un taccuino in cui un italianista scozzese John Purves, incaricato di una missione segreta in Italia nella primavera hitleriana del 1938, raccolse una serie di nomi per una eventuale alleanza nel corso di una guerra contro l’Asse nazifascista. Un lungo elenco in cui, mescolata ed eclettica, appariva registrata una buona parte della cultura fiorentina e italiana dell’epoca: fascisti, antifascisti, agnostici. Che lo storico sia anche un valente psicologo dà ragione alla fine, nella galleria dei personaggi studiati e rappresentati, di alcuni esiti davvero memorabili.
Marino Biondi
Massimo Raffaeli , I fascisti di sinistra e altri scritti sulla prosa, Torino, Adelphi, 2014
Il volume di saggi, articoli, pre- e postfazioni inclusi nel libro di Massimo Raffaelli intitolato “I fascisti di sinistra” meriterebbe di essere letto nelle classi dei nostri licei: da conto, con precisione e calda partecipazione, dei travagli di alcuni dei nostri scrittori tra i più noti ,nell’affrontare la vera metamorfosi che il loro mondo ha subito nei decenni che vanno dalla fine della seconda guerra mondiale, fino ai giorni nostri. Alcuni degli scrittori di cui si parla qui sono stati fascisti, poi sono diventati partigiani, hanno rischiato la vita, ma anche l’inquadramento ideologico. Chi legge questo volume rilegato con una copertina d’un nero compatto può provare la sensazione di essere precipitato in un abisso, ma anche la grande gioia di chi si è salvato per un pelo da un mondo di menzogne e malintesi riservato oggi spesso a quell’attività della mente umana che si chiama Letteratura. I nomi di Bilenchi, di Vittorini, Noventa, Cassola, Soldati,Bassani, De Feo oggi per i ragazzi che frequentano i licei risuonano come una lontana eco, non dicono nulla, appaiono di appartenere a un negozio di robivecchi. Le passioni, gli avvenimenti a cui quei nomi sono associati sembrano vecchie storie non interessanti per noi che ci nutriamo di romanzi di intrattenimento scritti da narratori di storie scaltri e evanescenti. Eppure quegli scrittori sono stati letti in molti paesi del mondo e i personaggi che vi sono descritti spesso sono diventati dei veri e propri emblemi. Del mondo di questi scrittori e di questi personaggi parla con grande maestria, e anche con grande semplicità Massimo Raffaelli, critico letterario tra i più acuti, ma anche più atipici, meno esibizionisti del momento che stiamo attraversando. La precisione affettuosa con cui si avvicina alle figure di scrittori da lui descritti, ci porta con forza irresistibile a misurarci con la storia , la commedia e le tragedie del nostro tempo, a vivere questo tempo con pienezza. Chi legge questo libro impara, apprende, e intuisce molte cose a proposito del nostro paese, della sua cultura e di noi stessi. Ogni prefazione, ogni ritratto di scrittore, ogni riflessione sui romanzi e racconti di questa raccolta, ci arricchisce e ci da nuove prospettive. Anche le ultime sezioni che parlano di cinema e di letteratura di operai ci rendono conto di che cos’è, com’è il nostro mondo di capitalismo avanzato. E anche di chi è, com’è questo eccentrico, strano sommesso critico letterario,
Giorgio Pressburger