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Messina, la peste ed un trio sentimentale per il ritorno di Dacia Maraini al romanzo, di Neria De Giovanni
29/07/2020, 20:33 | Arte e Cultura
Dacia Maraini ci regala un nuovo libro con al centro figure femminili indimenticabili, accanto ad altre donne di carta divenute nostre amiche grazie alla lettura dei suoi libri.
Adesso sono protagoniste la giovanissima Agata e l’amica Annuzza nobile, nipote di nobili. Ma il romanzo si intitola “Trio”perché insieme alle due donne c’è un terzo personaggio, Girolamo, marito di Agata e amante di Annuzza.
Non so se nella realtà potrebbe maturare un rapporto solido di amicizia tra donne nella piena consapevolezza della condivisione dello stesso uomo. Ma è quello che succede ad Agata ed Annuzza che nelle rispettive lettere pur con il disagio e l’angoscia di sentirsi legate all’uomo dell’altra continuano a ripetere :“L’amicizia è eterna, l’amore è fragile, delicato, destinato a morire giovane”.
Lettere, sì, perché questo è un romanzo epistolare, genere molto in voga fin dal 1700 e, insieme al diario, nato come genere letterario che la cultura dominante permetteva alle donne, perché esplorava gli spazi dei rapporti familiari e privati. D’altronde Dacia Maraini ha già frequentato questo genere narrativo, ricordo per tutti “Dolce per sè”.
Il lettore è catturato, lettera dopo lettera, dal sentimento forte che lega le due amiche e che nell’ultima lettera del libro di Agata ad Annuzza porta addirittura la moglie a chiedere all’amica di non smettere di amare il marito temendone la tristezza inevitabile: “Mi sembra di andare contro ogni legge morale nel dirti questo, ma sono qui per pregarti di non smettere di amare mio marito, perché lo faresti soffrire e quindi lui farebbe soffrire me”.
“Trio” è un romanzo storico con cornice temporale uguale a quella di Marianna Ucria, come la stessa Maraini spiega nella sua introduzione. Anzi, proprio svolgendo le ricerche storiche per Marianna, Dacia si è imbattuta in una vicenda dolorosa e per noi, adesso, quasi profetica: la peste a Messina nel 1743.Le lettere delle due amiche raccontano di come entrambe per sfuggire al contagio si rechino lontano dalle città di abitazione, applicando, senza dargli questo nome, il distanziamento sociale, si coprano naso e bocca con fazzoletti a mo’ di mascherina, si lavino ripetutamente mani e volto, insomma si comportino come noi durante i mesi della pandemia. E, ricorda sempre la Maraini, questo romanzo è stato scritto proprio nel corso della chiusura forzata, approfondendo una piccola storia pubblicata anni addietro e diventata adulta in questo libro.
Lascio ai nostri lettori il piacere di scoprire attraverso le lettere che Agata e Annuzza si scambiano, la personalità delle due amiche e la singolarità della loro esperienza sentimentale.
Vorrei sottolineare due aspetti che mi hanno particolarmente intrigato: innanzitutto la cultura letteraria che occupa buona parte delle lettere delle due amiche: “Cara Annuzza sì continuo a leggere l’amato Calderón de la Barca che caccia il naso nel mistero del potere, nel mistero dell’amore. Mi ritrovo nelle sue parole stregate, nei suoi interrogativi liquidi e profondi. Tu invece preferisci Corneille, il Cid in particolare, lo so, mi hai spesso recitato le parole di Don Rodrigo e di Ximena. Fra Spagna e Francia, per me vince la Spagna con il suo interrogarsi sussurrato e segreto.” (pag.26)
Agata si lamenta dell’esclusione femminile alla cultura, infatti nella stessa lettera ricorda come a Palermo il padre avesse chiamato un precettore per insegnare il francese al fratello proibendo a lei in quanto donna di partecipare alle lezioni. “Ti ricordi l’elegantissimo e compunto Auguste Pérignon che è stato a casa mia a Palermo per insegnare il francese a mio fratello Paolo? Io ero offesa con mio padre che mi proibiva di partecipare alle lezioni. Ma a tavola e in giardino Auguste, che sembrava avesse ingoiato una scopa tanto stava dritto e camminava rigido, parlava solo francese e così l’ho imparato per via di orecchio. Comunque, fin quando c’è stato lui, la casa era cosparsa di libri di autori francesi: Rabelais, Molière, Villon. “
Eppure le due amiche addirittura hanno giocato a mettere in scena Molière recitandolo a due voci.
Sempre nella stessa lettera proprio l’amore per i libri unisce le due ragazze, spesso elencato insieme a giochi infantili come quello della palla “mi è subito piaciuto il tuo amore per i libri, che condivido, mi è subito piaciuto il modo in cui mi lanciavi la palla, senza competere con me, ma come se volessi parlarmi nel linguaggio allegro e arcano del gioco”.
Inevitabilmente anche l’amore per Girolamo trova la sua proiezione letteraria dimostrando come spesso la vita dei libri è reale almeno quanto quella vera: “cara Agata… secondo me Girolamo assomiglia un poco al disperato Rodrigo Diaz de Bivar, in bilico fra l’amore e il dovere, non lo pensi anche tu? Abbiamo letto Corneille insieme sempre dividendoci le parti”.
Uno dei motivi per i quali la nobile Annuzza si è rifiutata di sposare il ricco primogenito della zona di Bagheria è proprio l’ignoranza: “Mammà, ha la pancia già a vent’anni e non ha mai letto un libro”.
Ecco il primo tema che mi ha coinvolto, l’amore per la lettura-cultura delle due amiche e la loro consapevolezza di come sia indispensabile la letteratura per la nostra vita.
Il secondo elemento molto intrigante riguarda la descrizione del personaggio maschile, appunto di Girolamo, l’uomo tra due donne. La sua caratteristica più evidente è la bellezza. Ma non si dice che è la donna con la sua avvenenza a scatenare la passione?
In “Trio” di Dacia Maraini sembra che si capovolgano i ruoli: la cultura, anche letteraria fa da pilastro e sostegno alle due amiche mentre la bellezza fisica e esteriore diventa il maggior tratto distintivo dell’uomo. La bellezza di Girolamo è continuamente ripresa come motivo principale dell’innamoramento e della passione che lega moglie e amante: “cara Agata… lo immagino a cavallo, bello come è, nel corpo e nello spirito, l’uomo che fa innamorare chiunque lo avvicini, l’uomo inquieto a cui si perdona ogni sgarbo, perché la sua bellezza e la sua intelligenza meritano indulgenza”.
In chiusura vorrei ricordare un personaggio minore ma non meno importante, una monaca che in convento insegnò alle due amichette l’arte del ricamo, suor Mendola.
Ebbene, attraverso di lei la Maraini ci ricorda che spesso proprio nel convento le donne trovavano la loro libertà e la possibilità di una cultura che il mondo esterno le impediva, come ci insegna Ildegarda di Bingen, Teresa d’Avila, e la stessa suor Juana Ines de la crux e Santa Chiara cui Dacia Maraini ha dedicato splendidi libri.
“… si era fatta suora. Non per vocazione, bensì per poter studiare e dedicarsi a quello che amava: il disegno… in quel modo ci insegnava pure la storia. Che d’altronde aveva imparato da sola tirando giù i libri dai più alti scaffali della biblioteca del convento“.
Grande suor Mendola, all’origine della cultura di Agata e Annuzza e dell’assoluta libertà nell’amare lo stesso uomo, non tradendo la loro amicizia.
Dacia Maraini, Trio, Rizzoli, 2020, pag. 110, 16 euro