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Giuseppe Lago, "La fuoriuscita": la pratica terapeuta come romanzo, tra finzione e realtà, di Neria De Giovanni
21/06/2018, 13:10 | Arte e Cultura
La nostra letteratura del Novecento ci ha portato nello studio di uno pschiatra-psicanalista grazie al grande Italo Svevo, alias Aron Hector Schmitz, che con “La coscienza di Zeno”, del 1923, ci fa conoscere un personaggio che si sente inetto a vivere, che cerca di ristabilire un giusto equilibrio con le spinte positive della vita, ma è un fumatore compulsivo che non riesce a smettere di fumare. D’altronde Italo Svevo viveva a Trieste, la città mitteleuropea collegata direttamente con la Vienna di Freud.
Zeno è il “fratello maggiore” di altri protagonisti sveviani, tutti colpiti dal male del secolo, una sorta di incapacità a vivere la propria vita quotidiana. Zeno è come Alfonso Nitti, protagonista di “Una vita” e Emilio Brentani protagonista di “Senilità”, personaggi “scordati” come il contemporaneo “L’uomo senza qualità” dell’austriaco Robert Musil o il “Mattia Pascal” di Pirandello.
Proprio ad uno scrittore, Giuseppe Berto, si deve l’epiteto con cui ancora oggi si chiama comunemente la depressione: il male oscuro, titolo del famoso romanzo uscito nel 1964 in cui l’autore analizza la propria vita cercando le radici del suo male di vivere. Con questo romanzo Berto vinse in una sola settimana due premi letterari prestigiosi: il Premio Viareggio e il Premio Campiello.
Ma torniamo alla psicoanalisi ed ai sogni che della terapia psicoanalitica sono il perno. Di sogni e di terapie di gruppo è ricolmo il nuovo libro di Giuseppe Lago “La Fuoriuscita” (Alpes Ed., Roma, 2017).
L’autore, noto psichiatra e psicoterapeuta, affronta con coraggio, uno dei rischi in cui può sfociare la pratica psicoanalitica, cioè la manipolazione degli individui, fino ad arrivare alla costituzione di una vera e propria setta intorno allo psicanalista-guru.
E’ quello che succede ai pazienti di Adele Lussari, che ricevere il venerdì e il sabato i suoi pazienti nella propria villa, abituandoli ad una terapia di gruppo a cui partecipano anche colleghi psicoanalisti.
L’unione tra pulsioni erotiche oniriche e vita erotica praticata realmente dalla Lussari, sono alla base dei rapporti conflittuali e complessi di cui una recensione letteraria fa fatica a riassumere correttamente i contorni.
Certo è che “La fuoriuscita” racconta di come ci si possa trovare imbrigliati in situazioni di dipendenza totale quando psicoterapeuti spregiudicati “utilizzano”i pazienti per raggiungere il proprio potere personale, costruendo intorno a se stessi un vero e proprio circolo chiuso, una setta appunto.
Questo pericolo è molto chiaro a Livio Spada, il protagonista, con cui inizia la vicenda, quando riceve nel suo studio Martha Weber che è scappata proprio dal gruppo di Adele Lussari: “-Lei dice di me cose molto carine…la verità è che sono scappata..e mi sento una fuoriuscita…” (p.17).
Proprio nei primi capitoli è spesso ripetuto questo termine a sottolineare semanticamente l’episodio e la persona che stanno all’origine di tutta la narrazione, di tutta la vicenda. Martha va da Livio proprio sapendolo un psicoterapeuta “indipendente” e stimola la curiosità anche professionale nei confronti della collega tanto chiacchierata per la sua discussa teoria della “psicoscienza”, praticata dal gruppo a Villa Incom.
Così Livio chiede di entrare nel gruppo terapeutico di Villa Incom per capire dall’interno i meccanismi di quella che lui avverte chiaramente essere una vera e propria setta.
Tutto il romanzo si svolge con una sapiente alternanza tra scene dialogate che riproducono i rapporti tra i personaggi e le dinamiche dialettiche all’interno del gruppo, alternate a lunghi monologhi in cui i vari personaggi raccontano i propri sogni durante la terapia di gruppo.
Lentamente il lettore prende confidenza con le diverse vicende personali grazie al flusso di coscienza rappresentato dal racconto dei sogni e la loro interpretazione. Ecco tra i protagonisti: Diego, l’avvocato già amante di Martha, caduto nella trappola erotica di Adele; Marinella, la segretaria di Villa Incom; Lucy Lanzetti, giornalista figlia di un potente proprietario di TV; Mali Prati, politica di un piccolo partito di sinistra, Ministra del MIUR; Laura, centrale nella vicenda, da otto anni paziente di Adele ed amante del giovane figlio di lei, Ezio.
La storia si tinge di giallo con la morte proprio di Laura che vola giù dai piani alti del suo appartamento, ma è suicidio o omicidio? Indaga la giovane ispettrice Emi Tindaro che si scontra con Carmine Mascetta, avvocato difensore di Ezio, subito indagato per omicidio. Grazie a quest’ultima vicenda assistiamo in presa diretta, alla “seduzione funzionale” che Adele mette in atto sull’avvocato e della quale si era sempre servita con i precedenti amanti.
Non vogliamo svelare l’epilogo della storia, ma segnalare un altro importante aspetto stilistico di questo singolare romanzo. Infatti Lago è riuscito a far emergere dalle pieghe difficili e profonde dei rapporti relazionali, anche dati sociologici e storici del nostro passato prossimo, come per esempio, il riferimento ai movimenti libertari del sessantotto. L’autore lascia spesso a Livio Spada queste considerazioni storico-ideologiche: “Non era un’esperienza nuova per Livio. Già nel complicato decennio degli anni ottanta si era dovuto confrontare con diversi tipi di “guru” e personaggi carismatici presenti nella vita universitaria, nei contesti politici e sociali. Da dove venivano questi personaggi? Erano il frutto inevitabile della cosiddetta “cultura alternativa”, cioè di una specie di indotto della cultura del sessantotto e dintorni”(p.86).
Anche la pratica, molto italiana e poco onorevole, dei concorsi universitari piegati alla politica trovano la loro collocazione narratologica grazie a Gianfranco Castronardi, psichiatra e sottosegretario del MIUR, che offre ad Adele Lussari di vincere un concorso universitario da associato in un piccolo Ateneo del Meridione (!), per avere in cambio il suo voto all’elezione dell’amico Rettore.
La letterarietà del romanzo si esplicita anche nei vari livelli linguistici utilizzati, spesso il linguaggio tecnico “della lettura dei sogni” ma a volte anche un linguaggio del parlato quotidiano, come “Voi parlate, parlate e qualcuno vi ascolta..- se ne uscì a un cero punto Adele”(p. 87), dove quel “se ne uscì”caratterizza emotivamente la stizza con cui ormai la psicoterapeuta si rivolge a Livio, scoperto come potenziale “nemico”.
Italo Svevo nel già ricordato “ La coscienza di Zeno” nella Prefazione fa dichiarare allo psicoanalista Dottor S. la volontà di pubblicare "per vendetta" alcune memorie, redatte in forma autobiografica di un suo paziente, Zeno Corsini, perché si è rifiutato di proseguire la cura. Quindi il libro che si sta per leggere sono gli appunti dell'ex-paziente.
Anche Giuseppe Lago con “La fuoriuscita”fa una operazione simile ma il gioco letterario è più sottile, meno esplicitato e soprattutto è dichiarato tra le righe della quasi conclusione.
“Livio annuì divertito e continuò: .Se lo scrivo, quel saggio voglio dedicarlo a te..non temere, non col tuo nome…la dedica sarà : la fuoriuscita, ok?” (p.266).
Allora il lettore ha letto una storia “quasi” vera, anzi un saggio di analisi psicologica in forma di romanzo visto che il suo autore, psichiatra, ha scelto proprio il titolo di “La fuoriuscita” per questa sua opera… Esiste una vera Martha Weber? E chi si cela dietro Adele Lussari? E chi è davvero Livio Spada?
Ancora con-fusione tra vita vera e finzione letteraria, un gioco di specchi cui la grande letteratura ci ha abituato ma che ci incanta sempre, non è un caso se il grandissimo J.L.Borges ha intitolato proprio “Finzioni” la sua più famosa raccolta di racconti.