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L’arte dello stare insieme: Maria Lai (16 aprile 1919), di Elsa Baldinu

15/04/2021, 16:54 | Arte e Cultura

L’uomo è un animale sociale, teorizzava Aristotele nella sua Politica. Per quanto tenda all’individualismo, ha un estremo, innato bisogno dell’altro. Condividere è il suo mantra: che sia un viaggio, un pranzo o una risata, egli si nutre di connessioni, contatti, sguardi. Ricerca così la completezza, vive di comunioni, scambi e appartenenze.
Quale artista, più di Maria Lai, ha saputo cogliere l’importanza dei rapporti umani? Nativa di un piccolo comune dell’Ogliastra, ha dialogato col mondo per quasi un secolo senza mai snaturarsi, conciliando novità e tradizione, generale e particolare.

Ora abbozzato sulla tela, ora scolpito sul legno, rappresentato sul palco o vissuto tra i vicoli di un paese in festa, l’incontro è sempre stato il fulcro della sua ricerca. Lo si nota nei ritratti degli esordi, dove matita, carboncino e inchiostro tracciano sulla carta i profili delle persone care (si veda Mio padre, 1956); lo si apprezza negli acquerelli degli anni Cinquanta, in cui coglie volti anonimi di piccole borgate (Donne di Desulo, 1953); lo si ritrova persino negli astratti, come mostra la lunga serie dei Polimaterici, in cui l’artista di Ulassai accosta sulla tela stoffe e legni, fiori e metalli. E come non citare i Telai, tra le sue opere più celebri, in cui l’artigianato sardo si intreccia alle mitologie più antiche: l’uomo non è un punto autonomo e isolato, bensì il filo di una fitta trama,  parte di un tutto più ampio, tra simmetrie e grovigli, nodi e rotture.
 

Se cucire significa unire, ecco che, con ago e filo, Lai solca tele, libri, persino muri (La casa cucita, 1979); il semplice tratto diventa parola, talvolta oscura, ma segno di una comunicazione paziente, tesa all’ascolto (Ombre di parole, 2011).
Miti, fiabe e racconti popolari sono la memoria di ogni civiltà, il filo rosso che lega il passato al presente, nella costruzione di un futuro comune; da qui il ricco studio dell’artista sulla figura di Maria Pietra, madre leggendaria che infrange le leggi divine e, per questo, diviene sasso: la lunga serie di terracotte testimonia un legame primordiale, quello genitore-figlio, che valica ogni confine.
Allo stesso modo, le cucina tradizionale è un’essenziale componente identitaria: le sculture di pane esprimono il mestiere di una comunità millenaria, che ha nella cultura il suo principale collante (Pupo di pane, 1977). Stare insieme è un’operazione semplice e quotidiana; ecco che l’installazione Invito a tavola (2002)  propone una vera e propria mensa imbandita di pane e libri, cibi per il corpo e per la mente: un rito, quello del pasto, che da sempre celebra solidarietà e condivisione.

La riflessione sulle relazioni culmina nel capolavoro Legarsi alla montagna (1981), opera corale alla cui realizzazione collabora l’intero paese dell’artista. Ritagli di stoffa azzurra animano le vie di Ulassai, dove ogni casa è unita all’altra oltre rancori e diffidenza. Fotografie e filmati - ciò che resta dell’evento - mostrano una sentita partecipazione, persino commossa quando, il giorno seguente, i nastri vengono portati fin sul monte Gedili, in memoria di un’antica favola.

ELSA BALDINU
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